Migranti, l'allarme del prefetto: "Non c'è più posto"

Ruberto: "E il rischio è che molti di loro non abbiano diritto agli aiuti"

La stretta di mano del prefetto Raffaele Ruberto col vescovo Massimo Camisasca (foto Artioli)

La stretta di mano del prefetto Raffaele Ruberto col vescovo Massimo Camisasca (foto Artioli)

Reggio Emilia, 18 dicembre 2016 – «I MIGRANTI? Sono raddoppiati in un anno. Non sappiamo più dove metterli, sinceramente».

Dati alla mano, piglio deciso, voce ferma, in piedi, accompagnato da un microfono. Non è stato un banale incontro per gli auguri di Natale, quello andato in scena ieri nelle stanze della prefettura, alla presenza di tutte le maggiori cariche religiose, civili e militari della città.

Il prefetto Raffaele Ruberto ne ha fatto occasione per presentare il suo bilancio operativo dell’anno e affrontare anche quella che è una delle maggiori spine che ancora non ha trovato risoluzione: il tema dell’ondata immigratoria.

«Questi non sono dati buoni o buonisti – incalza Ruberto –. Abbiamo attualmente 1.454 richiedenti asilo assistiti in provincia di Reggio Emilia, quando alla fine dello scorso anno erano 655. Quindi in un anno sono più che raddoppiati. La realtà è questa. Non sappiamo più dove metterli, purtroppo».

Quindi, lancia il suo invito. Probabilmente rivolto ai parlamentari reggiani presenti (tra loro Maria Edera Spadoni del Movimento 5 Stelle e Maino Marchi del Pd).

«Il discorso per gli addetti ai lavori è facile da capire – ha detto il prefetto –: il problema è la mancanza di turnover nelle strutture di accoglienza, perché il nostro è un sistema di diritto garantista, che naturalmente si estende a tutti quanti. Ma se noi non iniziamo a sciogliere questo nodo gordiano, se il Parlamento non comincia a pensarci a questo argomento, che è quello di dover assistere anche persone alle quali in prima e seconda battuta è stato negato il riconoscimento di status di rifugiato, è chiaro che noi continueremo ad assistere queste persone per mesi, rischiando molto fondatamente che non ne abbiano diritto e si affollino i nostri centri».

Ha ringraziato tutte le istituzioni, per il contributo fattivo. E i suoi collaboratori più stretti, «che lavorano dovendo fare i conti, anche in prefettura, con una carenza di organico del 40%; significa che ognuno di loro qui dentro lavora il 40% in più».

Io, ha detto sulle note di un pianoforte a coda suonato da una giovane musicista del Peri, «mi sento come un direttore d’orchestra, con musicisti di prim’ordine al mio fianco».

Di fianco, il presepe che il prefetto ha voluto fortemente allestire nei locali di corso Garibaldi, con il benestare del vescovo Massimo Camisasca.

«Altri dati? Vi confermo che i porti d’arma in questo territorio sono pochissimi – ha proseguito –: lo 0.034% sulla popolazione. Quindi non abbiamo pistoleri in giro, per fortuna. Allo stesso tempo io ho adottato ben 178 decreti di divieto detenzione armi sia per inidoneità fisica sia morale, perché si trattava di persone che non marciavano bene».

In ogni caso, «la mia intenzione sarà quella di mantenere un’attenzione costante rispetto al comune sentire della gente. Capire cosa pensa e poter così dialogare meglio con loro. In questo senso è indispensabile la collaborazione con i sindaci e le forze di polizia».