Murubutu, il rapper che di giorno fa il prof

Un successo nato dal passaparola per il rapper di Reggio Emilia, che nei prossimi giorni terrà un seminario sulle tecniche di scrittura hip hop

Il rapper Murubutu, vero nome Alessio Mariani

Il rapper Murubutu, vero nome Alessio Mariani

Reggio Emilia, 8 febbraio 2017 - Due concerti in una sera. Perché il flusso di persone è il doppio di quello previsto e non si possono rimandare a casa così tanti ragazzi. È successo, pochi giorni fa, allo Zam di Milano (così come è accaduto al Sottotetto di Bologna), quando in cartellone c’era un concerto di Murubutu, vero nome Alessio Mariani, il rapper di Reggio Emilia che ha appena pubblicato l’album 'L’uomo che viaggiava nel vento e altri racconti di brezze e correnti'.

Un successo arrivato senza avere alle spalle grandi realtà discografiche, ma attraverso il passaparola che ha portato questo musicista, che divide la carriera nell’hip hop con quella di insegnante di storia in una scuola superiore, a registrare, ovunque suona, un continuo ‘tutto esaurito’.

Mariani, il rap italiano si caratterizza sempre di più per la leggerezza dei suoi testi, spesso basati sull’autocelebrazione. Lei, invece, ha scelto una via più colta.

«Credo dipenda dal mio alter ego, quello che ogni giorno entra in una classe e ha di fronte i suoi alunni. Per essere un bravo insegnante bisogna studiare, io non smetto mai di farlo e questo si riflette nei miei testi. L’aspetto pedagogico ha sempre fatto parte del rap, sin dalle sue origini, è una musica, ma anche un media che racconta la quotidianità e prova a trasmettere dei messaggi. ‘Edutainmemt’, educazione e intrattenimento si chiamava uno dei dischi di culto della prima ondata del rap americano».

Lei, più che all’educazione, guarda alla narrazione.

«Certo, le mie radici artistiche, le mie ispirazioni affondano nella grande tradizione della canzone d’autore italiana, da Francesco De Gregori a Fabrizio De André. A qual patrimonio mi collego per la composizione delle mie rime. La mie canzoni sono storie che trasportano l’ascoltatore in mondi lontani, esotici, io sono in viaggio con lui, alla ricerca di frontiere inesplorate».

Come avviene nel suo ultimo album, ‘L’uomo che viaggiava nel vento’.

«Il titolo è un omaggio a Angelo D’Arrigo che compì fantastiche imprese a bordo del suo deltaplano prima di morire volando.È un ‘concept album’, come quelli che si registravano negli anni 70 del progressive rock italiano».

Nei prossimi giorni terrà a Reggio Emilia un seminario nel quale illustrerà le sue tecniche di scrittura hip hop. Si può insegnare a scrivere un rap?

«Certo, il rap non è solo ispirazione, ci sono delle metriche precise da rispettare, la maniera di incastrare le rime si basa su regole codificate, che devono mettersi a disposizione della creatività. Dialogherò con i ragazzi partendo dalle loro riflessione e costruiremo insieme delle canzoni. Quello di cui sono particolarmente contento è che la maggioranza degli iscritti al workshop è composta da ragazze».

In un ambiente, quello dell’hip hop, molto maschilista.

«Forse è proprio il mio genere di rap ad attrarre anche un pubblico femminile che vuole provare a comporre. Penso che ‘gentilezza’ sia una parola che dobbiamo ricominciare a usare con orgoglio. Nella vita e nel rap».