Omicidio sul lungomare, parla il cognato della vittima

Mariel Duma racconta le ultime ore di Petrit al ritorno da Milano

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Rimini, 27 maggio 2016 - "Io e Petrit siamo arrivati da ragazzini in Italia dall’Albania, lui dal Nord, io da Tirana, quasi trent’anni fa. Per scherzo gareggiavamo su chi di noi due avrebbe avuto per primo la cittadinanza italiana. Abbiamo sposato due sorelle. Adesso io e mia moglie abbiamo in casa i loro tre figli. La più grande, di 15 anni, l’ha saputo. I più piccoli, una di 7 e un bimbo di 4 anni e mezzo non sanno ancora niente, e chiedono del babbo. Spero che ci facciano aiutare da uno psicologo, non sappiamo come fare». Piange sommessamente Mariel Duma, 42 anni, ‘Mario’ per gli amici. Così come Petrit a Rimini era diventato ‘Piero’. Era stato Mario, anni fa, a vincere la sfida per la cittadinanza. «Questione di qualche mese, oggi siamo tutti due italiani, come i nostri figli e le nostre mogli», racconta. Nell’appartamento di via Minguzzi, a Viserbella, amici e parenti si stringono alla moglie, distrutta. «Lei si chiama Ermelinda è incinta di sei mesi – continua Mario re, siamo preoccupati anche per il bambino. Chiederemo che la veda un dottore».

Cosa è successo?

«Mercoledì Piero era andato a Milano per vedere sua nipote, perché in quella famiglia la maltrattavano. Nel pomeriggio, dopo il rientro a Rimini, l’hanno chiamato al telefono, e l’hanno minacciato: ‘Con questo che hai fatto ci scappa il morto’, gli hanno detto»

. Si riferivano alla nipote ventenne che aveva riportata a casa?

«Sì, sono tradizioni arcaiche del nord dell’Albania, più arretrata rispetto al sud, zone dalle quali venivano sia Piero sia chi gli ha sparato a morte. E’ il ‘Kanun di lek Dukagjini’, un libro vecchio di oltre cinquecento anni, la ‘legge dell’onore’ che regolava la vita delle famiglie».

Voi lo conoscevate?

«Certo, ma dopo aver vissuto qui per più di 25 anni non pensavamo mai». Piange, Mario. Arriva un uomo, in lacrime, un altro amico di Petrit Nikolli.

Lei come ha saputo, Mario?

«Dormivamo, intorno alle 23.30 mi ha chiamato nostro suocero al telefono, piangeva: ‘Ci hanno ammazzato Piero’, –, da mercoledì non fa che vomitaha singhiozzato. Sono corso sul posto, hanno tentato di rianimarlo per un’ora, non c’era niente da fare. L’abbiamo detto ai suoi genitori 90enni in Albania, poveretti. Piero era generoso, scherzava sempre, gran lavoratore, sapeva fare tutto, e tutti gli volevamo bene».