Istituto lager, la suocera di una delle arrestate: "Mia nuora non è un mostro"

Rompe il silenzio la suocera di una delle operatrici arrestate: "I bimbi la aspettano" di Roberta Merlin

I maltrattamenti nella clinica lager

I maltrattamenti nella clinica lager

Rovigo, 11 luglio 2014 - «Basta. Mia nuora non è un mostro. Se veramente ha sbagliato, pagherà. Ma ora fatela tornare a casa. Non è un’assassina, ma un a madre di famiglia . Ci sono due bambini piccoli che l’aspettano e chiedono di lei in continuazione. E’ ora di fare chiarezza sulle effettive responsabilità di questa tragica vicenda». A parlare è Flavia Michelini, suocera di Elena Chieregato, una delle operatrici sociosanitarie attualmente in carcere con l’accusa di maltrattamento a spese di alcuni pazienti ricoverati presso gli Istituti Polesani di Ficarolo. Dopo quasi un mese dall’arresto della donna, la famiglia esce allo scoperto e racconta l’altro dramma. Quello dei parenti che da un giorno all’altro, sono stati travolti da uno tsunami fatto di scandali e pesanti accuse.

«Elena lavorava da mesi in condizioni disumane — spiega la suocera —. Mai un giorno di ferie in 6 mesi ed il carico di lavoro era veramente pesante. Si sapeva che il personale era ridotto all’osso e a pagarne le conseguenze erano gli operatori in servizio. Una situazione di forte tensione che un essere umano non può sostenere. soprattutto se poi, a casa, deve anche assolvere il ruolo di madre e moglie». E continua:«Non dimentichiamo che i pazienti che si trovano ricoverati presso la clinica di Ficarolo, sono malati psichici gravi, difficili da gestire. A volte si usano modi un po’ più duri ma senza sfociare nei maltrattamenti. Ho visto anch’io il video incriminato. E sinceramente, non vedo tutta questa violenza che è stata fatta passare in modo esagerato. Ho svolto per più di trent’anni il lavoro di operatrice socio sanitaria e so quello che dico. Dal ’99 al 2001 ho lavorato anche presso gli Istituti polesani, ma non ho mai visto ‘sevizie o torture’ effettuate per mano dei miei colleghi. C’erano pazienti meno problematici all’ora, con disturbi psichici più lievi. In questi anni gli Istituti accoglievano pazienti acuti più difficili da gestire. E si chiedeva veramente troppo ai pochi operatori in servizio».

«Elena è stata prelevata da casa come una delinquente il 21 giugno e rinchiusa nel carcere di Verona. Da allora non ha più visto i suoi due bambini di 7 e 10 anni. Solo io sono andata a trovarla. Tra l’altro, le condizioni del carcere dove si trova, sono disumane.». E conclude: «E’ una persona distrutta. Si sente al centro di una vicenda che è stata ingrandita a dismisura. Sono in contatto con le famiglie degli altri arrestati e anche per l’oro la situazione è diventata insostenibile. Chiediamo che vengano concessi gli arresti domiciliari. E successivamente sia seriamente valutate le effettive responsabilità della vicenda. Comprese quelle di chi era a capo dell’organizzazione dell’Istituto».

Roberta Merlin