Botte e insulti ai bambini, maestra condannata

Insegnante di 61 anni accusata di aver maltrattato una classe di 20 alunni di una materna. Lei ha sempre negato: "Tutto falso"

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di Marina Verdenelli

Un genitore si era accorto che qualcosa non andava perché il figlio rimprovera i peluche a casa, parlando anche in dialetto napoletano. "Non lo fare più, hai capito? Vai seduto lì, stai in castigo". Si era rivolto al commissariato di polizia e gli agenti per un mese avevano indagato riuscendo a mettere anche delle telecamere nascoste che avevano ripreso scene dure che si erano consumate in classe. Ieri è arrivata la condanna per la maestra della scuola materna "Anna Malfaiera", di Fabriano. L’insegnante, F. E., 61 anni, originaria della provincia di Napoli, era accusata di maltrattamenti su minori (una classe di 20 bambini) e la giudice Francesca Pizii le ha inflitto una pena di un anno e 4 mesi di reclusione, sospesa poi per la condizionale. Dovrà anche risarcire, in solido con il Miur, il ministero dell’istruzione, le tre famiglie che si sono costituite parte civile e il cui quantitativo sarà però da definire in sede civile. I genitori di tre bambini chiedevano un risarcimento fino a 100mila euro di danni ciascuno. L’imputata, difesa dall’avvocato Monica Clementi dello studio Magistrelli, ha sempre rigettato le accuse ed è intenzionata a fare appello per dimostrare che il suo era solo un metodo un po’ severo di seguire una classe di bambini molto vivaci ma non li ha mai maltrattati. La maestra, durante il processo che è durato quattro anni, poteva avvalersi della facoltà di non rispondere ma nelle udienze precedenti ha voluto sedersi sul banco degli imputati e rispondere alle domande del pubblico ministero e della giudice per dimostrare la sua innocenza. I fatti sono relativi al 2016 e il fascicolo era stato aperto dal pm Ruggiero Dicuonzo. "La classe era vivace ma non ho mai chiuso i bambini nello sgabuzzino – aveva dichiarato l’insegnante sentita a processo - nemmeno c’era uno sgabuzzino, c’era un lavandino per lavarsi le mani. Mi rode il fegato, sono anni che sto in punizione". Dopo gli accertamenti della polizia su di lei era stato emesso un provvedimento di sospensione all’insegnamento che è tuttora in atto. La docente, dopo una lunga esperienza come bidella, aveva vinto un concorso per maestra e si era trasferita dalla Campania nelle Marche nel 2015. Un incarico annuale il suo interrotto prima della fine dell’anno scolastico dopo le prime denunce da parte dei genitori dei bambini, tutti di età compresa tra i 3 e i 5 anni, per fatti accaduti tra gennaio e maggio 2016. "Quando sono arrivata in quella classe – riferì quando venne ascoltata - c’era una situazione caotica, bambini abituati a correre e a lanciarsi i giocattoli, capricci continui, qualcuno faceva difficoltà a staccarsi dall’ambiente familiare e voleva la mamma, io mi sono aggrappata al sistema che c’era. Chi sbagliava doveva uscire dal gruppo e stava seduto su una sedia, ma era un sistema già esistente nella scuola, per farlo crescere, io mi sono adeguata". Stando alle accuse la maestra sarebbe stata soggetta ad improvvisi scatti di ira contro i bambini che sarebbero stati umiliati con parolacce e offese. Epiteti quale "cretino" e ancora "topolino che fa la cacca", e altri più offensivi. Gli alunni sarebbero stati anche presi a schiaffi e strattonati per gli indumenti quando venivano rimproverati. La maestra li avrebbe colpiti alla testa, alle braccia e al petto con oggetti contundenti.