Coronavirus Marche, i "fantasmi" del Covid e il rebus dei contagi

Uno su sei in regione viene infettato senza sapere come e dove. L’Asur: "In certi casi ripercorrere i loro movimenti è complicato"

Gli operatori sanitari sulle tracce del terribile Coronavirus

Gli operatori sanitari sulle tracce del terribile Coronavirus

Ancona, 25 ottobre 2020 - Uno su sei in regione contrae il Covid ma non ha idea della genesi del contagio, molto spesso per i molteplici contatti messi insieme nelle intense giornate scandite da tanta, forse troppa, vita sociale. Scatta la caccia agli ignoti del virus (ieri, per esempio, nelle Marche sono stati 55 su 274 totali), ovvero i nuovi positivi per i quali, almeno inizialmente, diventa difficile capire come e dove è scattata l’infezione. Spesso si tratta di persone che avvertono sintomi, magari anche lievi, e una volta ricevuta la comunicazione della positività vengono sottoposti all’intervista di rito dei ‘cacciatori del Covid’ dell’Asur per ripercorrere i loro movimenti effettuati negli ultimi giorni precedenti l’esame.

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"Non è sempre così agevole riuscire a risalire a chi potrebbe aver trasmesso il virus a queste persone", è quanto filtra dall’Asur, dove il sistema di ‘contact tracing’ da parte degli Sherlock Holmes della sanità a volte potrebbe avere bisogno di alcuni giorni di tempo per risolvere l’arcano dei fantasmi del Covid. Capita, infatti, di imbattersi in soggetti poco inclini a raccontare nei dettagli i loro ultimi movimenti, ma anche e soprattutto il problema contrario, cioè persone che, per motivi di lavoro e non solo, nello spazio di un paio di giorni possono arrivare a collezionare contatti più o meno ravvicinati con una quarantina di interlocutori diversi. Insomma, tutta un’altra storia rispetto al periodo del lockdown e delle maggiori restrizioni prinaverili, quando il perimetro sociale era ridotto al minimo e dunque in diverse occasioni era quasi automatico individuare e circoscrivere il focolaio, riconducibile all’asset domestico nella stragrande maggioranza delle situazioni.

Ora, invece, a contrarre il virus c’è gente in continua mobilità e stanare i cluster diventa assai più complicato dinanzi a persone che agli impegni sul posto di lavoro (magari raggiunto utilizzando affollati mezzi pubblici) affiancano la puntata al supermercato, lo shopping in negozio, il caffè al bar, la cena al ristorante, la seduta sportiva in palestra o in piscina e molto altro ancora. E siccome l’obiettivo primario dei ‘tracer’ rimane proprio quello di scovare i focolai, le cause rimangono derubricate come fantasma fino a quando dall’incrocio dei dati non si riesce ad individuare una persona venuta a contatto con due o più contagiati o la partecipazione delle stesse nei medesimi luoghi.

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