MARINA VERDENELLI
Cronaca

Fatto arrestare dalla figlia di 7 anni. Botte alla moglie: patteggia ed è libero

ll nigeriano fermato dai carabinieri il 15 dicembre dopo la telefonata di aiuto della bambina al 112. Ha scelto il rito alternativo e c’è la sospensione condizionale della pena. Probabilmente tornerà a casa. . .

Fatto arrestare dalla figlia di 7 anni. Botte alla moglie: patteggia ed è libero

Fatto arrestare dalla figlia di 7 anni. Botte alla moglie: patteggia ed è libero

La figlia lo aveva fatto arrestare. Una bambina di sette anni aveva assistito alle botte che il padre dava alla madre. Preso il cellulare, aveva composto il 112 per chiedere aiuto. All’inizio era rimasta in silenzio, poi aveva riagganciato. Dopo pochi secondi una nuova chiamata. "Correte, papà sta picchiando mamma". Ora quel padre è tornato libero, ieri ha patteggiato la pena a un anno e otto mesi davanti alla giudice Francesca De Palma e con ogni probabilità tornerà proprio a casa dalla figlia, dalla sorellina di un anno più piccola e dalla moglie, dopo quattro mesi di carcere. A scegliere di patteggiare è stato lui stesso, 40 anni, operaio, nigeriano. Difeso dall’avvocato Caterina Ficiarà, ha scelto il rito alternativo per chiudere una vicenda che vuole soltanto dimenticare. Vuole riprendere il lavoro e provvedere economicamente alla sua famiglia, che può contare soltanto sul suo reddito. Per questo, dopo la chiusura delle indagini preliminari da parte del pubblico ministero Rosario Lionilello, l’uomo ha chiesto di accedere al rito alternativo, che gli ha permesso di usufruire anche della condizionale della pena per cui è stato rimesso subito in libertà. Era il 15 dicembre dell’anno scorso quando al Nue 112, il numero unico di emergenza, arrivò la doppia telefonata della bambina. Nella prima si sentivano solo rumori di sottofondo, tipici di una lite in casa, ma nessuno parlava. Nella successiva il carabiniere che aveva risposto aveva intuito che dall’altra parte poteva esserci una minore e le aveva chiesto come stava. "Sto bene, ma c’è mio padre che ha dato una botta in testa a mamma", aveva risposto la piccola. La figlioletta aveva usato il cellulare della madre. Era il periodo in cui in televisione si parlava del caso di Giulia Cecchettin, la studentessa di 22 anni uccisa dall’ex fidanzato in Veneto, e dell’importanza di chiamare i numeri d’emergenza. In poco tempo era arrivata sotto casa una pattuglia dei carabinieri. Un intervento tempestivo che ha salvato la donna, 35 anni, nigeriana anche lei, da un pestaggio violento del marito, arrestato poi in flagranza di reato per lesioni e maltrattamenti aggravati in famiglia. L’appuntato che aveva preso la chiamata, Michele Ciciliani, carabiniere ad Ancona, aveva raccontato poi quella richiesta di aiuto singolare proprio perché a farla era stata una bambina molto piccola. Erano le 16 quando aveva telefonato, due ore dopo che la mamma si era recata alla Tenenza dei carabinieri di Falconara per sporgere denuncia contro il coniuge perché erano sei anni che subiva. Lui le aveva detto "ti ammazzo e mi ammazzo". Tramite il cellulare era stata localizzata la casa. Risalire all’indirizzo e alla denuncia è stato veloce. Quando i militari sono arrivati, le percosse sulla donna erano ancora in corso. Portata in ospedale aveva avuto 5 giorni di prognosi per contusioni al capo e collo.