Fincantieri, morto per l’amianto. Famiglia risarcita con 400mila euro

Aveva lavorato come saldatore per 35 anni nell’azienda del porto, poi il decesso per insufficienza polmonare. Ora la sentenza che riconosce la correlazione tra il tumore e l’occupazione svolta per un lungo periodo.

Lavora per 35 anni al cantiere navale e dopo una agonia durata due anni muore per una insufficienza polmonare. A causare il decesso di un 74enne, nativo di Camerano, è stato l’amianto inalato quando faceva il saldatore in Fincantieri, al porto di Ancona. La correlazione al tumore sviluppato e alla sua morte, con il lavoro svolto, sono state riconosciute in una recente sentenza del Tribunale di Ancona, la sezione lavoro, dove la giudice Tania De Antoniis ha condannato Cantieri Navali Italiani Spa a più di 400mila euro. Un risarcimento che andrà agli eredi più vicini, la moglie, per 232mila euro, e la figlia, per 191mila euro. Entrambe infatti avevano fatto rivalsa sull’azienda con gli avvocati Federico Arcolai e Gabriele Galeazzi.

Il saldatore è morto a luglio del 2018. Gli era stata diagnosticata una asbestosi pleuoro-polmonare a causa dell’attività svolta al cantiere navale del porto di Ancona. Il lavoratore, ha evidenziato la sentenza, è stato esposto all’inalazione delle polveri di amianto. In azienda era stato assunto come impiegato tecnico e ha lavorato in Fincantieri dal 1965 al 2000, 35 anni di servizio. I primi problemi di salute ha iniziato ad accusarli nel 2016, aveva i sintomi di una patologia polmonare, Da lì si sono resi necessari numerosi accertamenti clinici e ricoveri. La sua condizione nei mesi a seguire è peggiorata e il saldatore è finito in un centro di riabilitazione extraospedaliero, il Santo Stefano di Ancona. Il 1 luglio del 2018 è stato portato in urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Torrette. Il polmone sinistro era andato in affanno e respirava male. Non aveva più la funzionalità. Dopo una settimana l’uomo è morto.

La diagnosi medica è stata chiara: insufficienza respiratoria acuta. Anche l’Inail ha accertato l’origine professionale della malattia che ne ha poi provocato la morte. Dopo il decesso era stato aperto anche un fascicolo penale, a carico di ignoti, poi archiviato perché non era stato possibile risalire ai responsabili diretti. Un medico legale incaricato della perizia effettuata sulla salma aveva accertato l’esistenza del tumore, rilevato per l’esposizione lavorativa a polveri di amianto. La relazione tecnica d’ufficio è stata depositata ad ottobre scorso. "Si può con ragionevole certezza affermare che il signore – ha stabilito la perizia – nella sua vita fu esposto a polveri di amianto in quantità rilevante e per un lungo periodo di tempo per motivi lavorativi, almeno fino al 1980, quando si occupava dell’allestimento a bordo nave e poi per mansioni svolte a terra".