"Monoclonali, poche somministrazioni ma risultati ottimi"

"Nelle Marche sono stati curati solo 50 pazienti e nessuno è finito in ospedale, per avere uno studio scientifico devono aumentare i numeri"

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Infusione di cellule monoclonali, nelle Marche i numeri delle terapie avviate sono bassi, ma i risultati già ottimi: su quasi 50 applicazioni in pazienti positivi al Covid nessuno ha poi visto peggiorare il suo quadro clinico. La conferma arriva dal coordinatore regionale della terapia, il professor Andrea Giacometti, primario della clinica di malattie infettive dell’ospedale regionale di Torrette. Lo stesso centro ospedaliero, nello specifico la farmacia di Torrette, è stata scelta come base per lo stoccaggio delle 750 dosi complessive concesse per tutte le Marche: "Nel nostro ospedale – spiega Giacometti – ne abbiamo infuse 15 per altrettanti pazienti, un numero analogo riguarda i colleghi di Pesaro e poi altre somministrazioni in altrettanti ospedali della regione, penso a Fermo e Senigallia che è partito anch’esso. Sia chiaro, per consentire un bilancio e uno studio scientifico in grado di poter rappresentare un risultato concreto sarebbero necessari numeri ben più elevati. Al momento la fase di somministrazione avviene non in maniera capillare, ma crescerà e la percentuale delle dosi inoculate è molto bassa. Un dato però possiamo comunque confermarlo: nessuno dei pazienti coinvolto nella terapia con le monoclonali è finito in ospedale. Fortuna o anticorpi che hanno retto alla cura? Questo al momento non possiamo dirlo con certezza, ma resta il dato. Sia chiaro, i pazienti che abbiamo selezionato grazie al lavoro preliminare dei medici di medicina generale non li abbiamo scelti a caso, ma dovevano rientrare in categorie ben precise e questo rafforza la nostra fiducia nella terapia". Per intenderci, la cura con cellule monoclonali è dedicata a soggetti positivi al Covid in una fase assolutamente preliminare; il suo obiettivo è quello di bloccare la virulenza del contagio, evitando dunque il peggioramento del quadro clinico, dunque la polmonite bilaterale severa, ed il conseguente ricovero: "La terapia non ha alcuna funzione su pazienti già ospedalizzati in gravi condizioni non protegge dalla polmonite, cura i sintomi preliminari evitando la deriva clinica – aggiunge Giacometti –. Da noi sono venuti pazienti che erano davvero a rischio peggioramento, soggetti fragili con diverse comorbidità, obesi, diabetici e così via. Come avviene la procedura? L’infusione, una sorta di flebo, viene fatta in un ambiente protetto e a pressione negativa, dura circa 70 minuti, poi altri 60 minuti di attesa precauzionale sul posto e il gioco è fatto".

p. cu.