Morte della figlia del medico eroe Overdose, condannato il pusher

Quattordici anni di carcere per il siriano e due per l’amica che era con lei. La famiglia: "Si poteva salvare"

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di Sara Ferreri

Condannato il pusher di Maddalena Urbani, la figlia del medico eroe di Castelplanio. La prima Corte di Assise di Roma ha condannato a 14 anni di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale il siriano Abdulaziz Rajab e a 2 anni Kaoula El Haouzi, per tutti Carola, l’amica italo-marocchina della 21enne morta per un mix di metadone e farmaci, il 27 marzo dello scorso anno, in un appartamento sulla via Cassia a Roma. Al pronunciamento della sentenza arrivata dopo quattro ore di camera di consiglio Giuliana Chiorrini, mamma di Maddalena e moglie di Carlo Urbani, il medico che isolò il virus della Sars prima di morirne, è scoppiata in lacrime. Un dolore insopportabile veder ‘certificato’ che la sua adorata figlia, per gli amici "Mali", avrebbe potuto salvarsi se solo la sua amica e il siriano avessero dato l’allarme nei tempi dovuti. "Ciò che interessava alla famiglia – commentano Giorgio Beni e Matteo Policastri, legali della famiglia Urbani costituitasi parte civile nel processo – era sapere quello che è accaduto in quella casa. Il processo ha accertato che se soccorsa la ragazza si sarebbe salvata. Gli imputati hanno avuto 15 ore per allertare il 118 ma lo hanno fatto quando era già morta".

Nei confronti del pusher sessantacinquenne, condannato a 14 anni, i giudici della Corte d’Assise hanno riconosciuto le attenuanti generiche disponendo una provvisionale di 170mila euro complessive in favore della famiglia. Martedì scorso la Procura aveva sollecitato il tribunale chiedendo di condannare a 21 anni Rajab e a 14 anni El Haouzi. Al pusher i magistrati contestavano l’omicidio volontario con dolo eventuale. Per El Haouzi, per tutti Carola, l’amica che ha accompagnato la dolce Maddalena nel suo ultimo viaggio verso la morte da Perugia dove vivevano entrambe, a Roma, l’accusa era invece quella di concorso in omicidio (erano stati chiesti 14 anni), ma è stata derubricata l’omissione di soccorso.

Durante il processo sono state ripercorse le tappe legali della vicenda, sono stati sentiti una tossicologa e il medico legale, i quali hanno sostenuto che la morte della ragazza per un mix di benzodiazepine e metadone si sarebbe potuta evitare se i soccorsi fossero stati allertati in tempo: Maddalena infatti si sarebbe sentita male alle 20 di sabato 27 marzo dello scorso anno, crollando a terra in casa, ma l’ambulanza sarebbe stata avvisata 17 ore dopo, alle 13 del giorno dopo. Prima il pusher ha allertato un suo amico di origini rumene che aveva tentato di rianimarla.

All’arrivo dei soccorsi nell’appartamento in condizioni fatiscenti del pusher che in quel momento era agli arresti domiciliari per spaccio, Maddalena era già morta, ad appena due giorni dall’anniversario della morte del padre Carlo vittima della Sars che lui stesso aveva scoperto. Durante il processo alla Corte d’Assise di Roma, sono stati ascoltati i consulenti tecnici del pubblico ministero e gli esperti medico legali secondo cui se Maddalena Urbani fosse stata soccorsa in tempo dalle due persone che erano con lei, la situazione sarebbe stata risolvibile e lei si sarebbe potuta riprendere.