"Porto le lettere al fronte: profughi e soldati meno soli"

Enrico Bartolucci, studente di Chiaravalle, fa la spola verso l’Ucraina occupata "Una corrispondenza tra chi è rimasto a combattere e chi invece è fuggito"

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di Giacomo Giampieri

"Quando è scoppiata la guerra ho iniziato subito ad interrogarmi su come avrei potuto rendermi utile nei confronti delle popolazioni in fuga dal Paese di origine. Dopo qualche giorno di riflessione, ho pensato di realizzare una sorta di corrispondenza epistolare tra gli ucraini della comunità londinese e quelli che invece sono rimasti in patria o vivono al confine. In questo modo sto provando a mettere in rete pensieri, lettere e fotografie, per cercare di infondere un po’ di speranza a chi soffre e magari garantirgli dei contatti per ripartire". Venticinque anni da compiere ad agosto, ma Enrico Bartolucci, brillante studente di Chiaravalle, ha già le idee chiare ed è un classico esempio di mente pensante. Dopo gli studi al liceo Cambi di Falconara, il giovane si è laureato a Bologna in Antropologia delle religioni e civiltà orientali, dunque ha conseguito a dicembre 2021 un master in Social Anthropology a Londra, dove vive a tutt’oggi. Di lì, a pochi mesi, quello che nessuno poteva attendersi: lo scoppio di un conflitto tremendo. "Non potevo rimanere indifferente – racconta Enrico al Carlino – E mosso dal desiderio di dare una mano, ma anche dalla volontà di ottenere una preziosa esperienza nel campo del fotogiornalismo, mi sono iniziato ad avvicinare alla comunità ucraina di Londra, partecipando alle prime manifestazioni pacifiche". Scoprendo, dentro di sé, che in lui stava nascendo il desiderio di ricercare una narrazione nascosta, più intima, che avrebbe potuto mettere in collegamento gli ucraini che risiedono nella capitale britannica e i loro connazionali che lasciano, o resistono, nella terra natia.

"Il primo gancio è stato con la chiesa ortodossa ucraina – aggiunge – Ho proposto loro di raccogliere preghiere scritte, pensieri e disegni fatti rispettivamente da adulti e bambini e portarli con me al confine Polonia-Ucraina. L’intenzione era proprio quella di creare un’intima forma di dialogo in una situazione così disperata e alienante". Detto, fatto. Il primo viaggio è stato a Przemysl, città polacca riconvertita a naturale centro di accoglienza dei profughi. Ha portato la corrispondenza e ha cercato feedback, da riconsegnare agli ucraini di Londra. Ora, invece, è a Lviv, proprio in Ucraina, dove sta compiendo la stessa straordinaria missione. "Sto cercando di fare la mia parte per alzare la loro voce, mettendo anche a disposizione la mia macchina fotografica. Ovvero lo strumento per farli parlare – dice ancora – L’obiettivo finale è di raccogliere un doppio flusso di storie. E perché no, se sarà utile, aiutare direttamente qualcuno".

Come i coniugi Alexander e Victoria, che provengono da Kharkiv. "Li ho conosciuti in una struttura parrocchiale a Lviv – conclude Enrico – Hanno circa sessant’anni. Lui è un pompiere in pensione, uno degli eroi di Chernobyl chiamato in prima linea ad estinguere gli incendi dopo l’incidente nucleare del 1986. Oggi combatte contro il cancro e pensa che la malattia sia collegata a quel lavoro estremo. Purtroppo la sanità è pubblica, ma non ci sono terapie immediate e spesso ci si affida ad assicurazioni private per accelerare i tempi di intervento. Non possono permettersi di lasciare il paese per mancanza di risorse. L’auspicio è qualcuno li sostenga". E intanto Enrico Bartolucci, con un plico di preghiere, lettere e foto, fa la spola tra Londra, Polonia e Ucraina. Accanto a chi soffre. Ma che, anche grazie a lui, si sente meno solo.