Prima le accuse di terrorismo, poi pedopornografia: viene assolto

E’ lo zio del marocchino espulso nel 2018 e ritenuto pericoloso per la sicurezza. "Siamo religiosi, non ci intendiamo di tecnologia"

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Prima l’accusa di terrorismo, insieme al nipote che fu allontanato dall’Italia dopo una operazione dei carabinieri del Ros, poi quella di pedofilia.

Non c’è pace per un marocchino di 61 anni, residente a Fabriano, sposato e padre di cinque figli. Una famiglia ben integrata nella città della carta, da oltre 30 anni, dove ha messo su casa e lavora regolarmente.

Nel 2018 il 61enne era finito in mezzo ad una operazione antiterrorismo su cui da due anni indagavano i militari del raggruppamento operativo speciale del Comando provinciale di Ancona. Era lo zio di Rabhi Soufiane, 37 anni, nato a Fquih Ben Salah, in Marocco, ma residente a Cerreto d’Esi, accusato di essere un estremista islamico.

Nel cellulare del 37enne era stato trovato un video che mostrava la decapitazione di un uomo e istruzioni per preparare una bomba artigianale fatta in casa.

Un video che aveva spedito anche sul telefonino dello zio 61enne che finì anche lui per essere accusato di apologia di delitti di matrice terroristica.

Il nipote per due anni, dal 2016 al 2018, quando l’operazione ha raggiuto l’apice, era stato pedinato e osservato dai militari del Ros perché ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale.

Il 13 aprile del 2018 è stato espulso dall’Italia, su decreto del ministero dell’Interno, lo prelevarono a casa e lo portarono a Bologna per prepararlo al rimpatrio.

C’era andato di mezzo anche lo zio la cui posizione però, dopo sette mesi, fu archiviata dal gip Antonella Marrone su richiesta della stessa Procura che lo aveva indagato e che lo ritenne estraneo a quei video. In quella occasione i carabinieri sequestrarono telefonini e computer trovati a casa della famigliola, a Fabriano.

Furono analizzati dall’analista forense Luca Russo e in un pc a marca Acer furono trovate una decina di foto pedopornografiche, con minori immortalati in prestazioni sessuali.

Il 61enne, in veste di proprietario dell’abitazione dove era tenuto il computer, venne accusato di detenzione di materiale pedopornografico e finì a processo. Ieri il procedimento è arrivato a conclusione.

Difeso dall’avvocato Emanuele Senesi è stato assolto per non aver commesso il fatto. Sia la moglie che l’imputato hanno testimoniato davanti al giudice Alberto Pallucchini spiegando che quel pc era stato usato in precedenza dal nipote accusato di terrorismo e poi dai loro figli ma mai dal 61enne perché non capace di utilizzare dispositivi informatici. "Siamo una famiglia religiosa – ha detto la moglie – non sappiamo cosa sia l’informatica".

ma. ver.