Sconfitta storica, l’ex sindaco Sturani "Ecco perché abbiamo perso la città"

L’analisi senza fare nomi: "Le colpe sono note, c’era chi non ha voluto staccarsi dal suo stesso passato"

Sconfitta storica, l’ex sindaco Sturani  "Ecco perché abbiamo perso la città"

Sconfitta storica, l’ex sindaco Sturani "Ecco perché abbiamo perso la città"

di Giacomo Giampieri

Fabio Sturani, 65 anni, perito industriale, già presidente Coni regionale e Anci Marche, sindaco di centrosinistra di Ancona dal 2001 al 2009. L’approdo in Consiglio nel 1983. Dieci anni dopo l’ingresso nella Giunta Galeazzi da assessore a Sport, Bilancio e Lavori pubblici. Dopo le dimissioni del medico-politico, Sturani è sceso in campo per la fascia tricolore. Nelle due sindacature si ricordano soprattutto gli interventi negli impianti sportivi (dal Del Conero al PalaRossini) fino alla riapertura del Teatro delle Muse a 60 anni dalla chiusura. Ha terminato l’esperienza nel febbraio 2009, a seguito di un avviso di garanzia per una vicenda amministrativa del Comune dal quale è stato assolto perché il fatto non sussiste. È l’ultimo sindaco eletto e riconfermato al primo turno, senza ballottaggio. Dopo Renato Galeazzi e Fiorello Gramillano, ecco un altro ex sindaco del centrosinistra che analizza la storica vittoria del centrodestra ad Ancona.

Sturani, come interpreta la sconfitta del centrosinistra? "Il centrodestra si è unito, il centrosinistra è andato diviso e non si è costruito un progetto nuovo. Sbagliato non avere i Verdi nella coalizione, con cui si è sempre governato. Inoltre non si è aperta una fase diversa per la città. D’accordo, il clima nazionale ed europeo, ma non può giustificare il risultato negativo per Ancona".

Cosa ha pesato?

"Il distacco tra governo e cittadini. Non è stata colta la richiesta di cambiamento. O meglio, qualcuno non ha voluto coglierla...".

A chi si riferisce?

"Non serve addebitare le responsabilità, anche se sono chiare e note a tutti. Bisognava distaccarsi dal passato, le scelte non hanno portato a questo".

Simonella era il profilo ideale? "Nulla da dire sul suo profilo, ma era vista come una costola dell’amministrazione uscente. Alle Primarie il segnale di novità sarebbe arrivato con l’elezione di Carlo Pesaresi. Sia chiaro, non serviva fare tabula rasa perché la Giunta Mancinelli di cose buone ne ha fatte. Bisognava marcare, però, una certa distanza da quel modo di fare politica".

E lei come lo giudica?

"C’è stata supponenza amministrativa. Spesso si è preferito rimanere arroccati dentro Palazzo del Popolo, ognuno nel suo ufficio e solo qualche assessore in strada. E gli anconetani hanno presentato il conto per i punti deboli. In primis: arredi urbani, manutenzioni, mancanza di rapporto giovani-Università e scarsa attenzione alle frazioni. In più, è stato palese il difetto nell’ascolto e nella partecipazione alle scelte. C’è chi aveva sempre una soluzione. E quella era".

Come potrà ripartire il centrosinistra?

"Tornando in mezzo alla gente, interpretandone i sentimenti. Costruendo e lavorando ad un’opposizione unitaria sui temi. Servirà più umiltà e collaborazione. E credo anche la valorizzazione di proposte fresche e giovani dei consiglieri, capaci di captare i bisogni emergenti. Necessario, poi, il dialogo con associazioni, categorie, quartieri, forze sociali ed economiche. Rimbocchiamoci le mani".

E sul nuovo sindaco Silvetti, che dice?

"Siamo in buoni rapporti. Ho apprezzato i toni della sua campagna elettorale e la capacità di tenere a bada alcuni atteggiamenti dei suoi. Dopo oltre 30 anni il centrodestra ha trovato un candidato credibile. Dall’altra parte sono stati commessi errori. Un consiglio a Silvetti? Lavori per Ancona, sarà importante confrontarsi con la città, oltre il ruolo istituzionale".