Il 17 giugno scorso si è chiuso con una assoluzione, per i reati più gravi, il processo bis per la strage di Corinaldo, per tutti e 9 gli imputati. "Il fatto non sussiste”, aveva stabilito la sentenza della giudice del tribunale di Ancona Francesca Pizii, per le accuse di omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Il procedimento era quello relativo alla sicurezza della Lanterna Azzurra e alle procedure che hanno portato la commissione di pubblico spettacolo, presieduta all’epoca dall’ex sindaco Matteo Principi, a rilasciare il permesso per aprire la discoteca. Oltre a Principi sono stati assolti anche gli altri membri della commissione, Massimo Manna, Francesco Gallo, Massimiliano Bruni, Stefano Martelli e Rodolfo Milani, due tecnici chiamati ad adempiere alle prescrizioni fatte per poter aprire il locale (Francesco Tarsi e Maurizio Magnani) e un socio della Magic Srl che gestiva la Lanterna, Quinto Cecchini. Accertata solo una incompletezza amministrativa, relativa alle accuse di falso, per aver attestato una situazione interna ed esterna diversa dall’effettivo stato dei luoghi poi trovati con le indagini svolte dai carabinieri del Nucleo Investigativo e dai periti di parte della Procura. I pubblici ministeri Paolo Gubinelli e Valentina Bavai avevano chiesto 50 anni complessivi di condanna per gli imputati. La giudice ha emesso condanne complessiva per sei anni e mezzo di reclusione per i soli reati di falso in atto pubblico e falso ideologico.
Ancona, 19 settembre 2024 – Errori e anche omissioni la commissione di pubblico spettacolo li avrebbe commessi ma non c’è un nesso che questo abbia portato ai sei morti della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Solo l’evento imprevedibile, ovvero lo spray urticante che è stato spruzzato da una baby gang all’interno del locale, sarebbe stata la causa insieme alle troppe persone fatte entrare per l’evento della serata che prevedeva l’esibizione del rapper Sfera Ebbasta. Dopo la sentenza di assoluzione arrivata a giugno sono queste in sintesi le motivazioni che hanno portato al verdetto della giudice Francesca Pizii.
In 176 pagine di sentenza sono stati ripercorsi gli atti del processo dove la Procura aveva chiesto 50 anni di condanna complessivi per nove imputati. "Ad avviso di questo giudice, all’esito del dibattimento, non può ritenersi dimostrato – motiva la Pizii – con lo standard probatorio necessario per addivenire ad un giudizio di responsabilità penale il necessario nesso di condizionamento tramite le omissioni rilevate, dunque tra il comportamento in violazione della regola cautelare e gli eventi contestati ai capi di omicidio colposo plurimo e disastro colposo della rubrica di incolpazione”.
Per la giudice "non hanno incidenza casuale le omissioni rilevate a carico dei componenti della commissione di vigilanza sia nel 2017 che, tanto più nel 2014” e la ricostruzione dell’evento “restituisce la descrizione di una dinamica autonoma, del tutto avulsa da una incidenza casuale delle criticità della rampa esterna all’uscita di sicurezza S3, della conformazione dei gradini e della strutturazione delle stesse balaustre, così come al pari delle problematiche di illuminazione e delle ricadute in termini di parametri di affollamento e della presenza di strutture abusive interne al locale”.
Le evidenze dibattimentali avrebbero dimostrano che “non può ritenersi sussistere il nesso di causa con l’evento accaduto e che invece questo ultimo deriva esclusivamente dalle cause sopravvenute da individuarsi nella diffusione dello spray al peperoncino, all’eccessivo sovraffollamento consentito e ricercato dai gestori all’interno del locale in occasione della serata». Un dato, quello del sovraffollamento, concorde dalle stime del consulente tecnico della Procura e dei carabinieri per la presenza “di oltre mille persone in una sala che da autorizzazione poteva contenerne 459”.
“E’ evidente – scrive sempre la giudice – l’irrilevanza di una sia pur avvenuta determinazione scorretta in aumento del limite di capienza da parte della commissione di vigilanza".
Nelle motivazioni si parla anche della “totale indifferenza in capo ai gestori e ai proprietari del locale delle anche minime indicazioni e prescrizioni di cautela e sicurezza nella gestione del locale”.
La Pizii rammenta che la discoteca era stata aperta anche senza autorizzazione nel giorno del 7 ottobre del 2017. Per la giudice i veri responsabili sono stati già condannati in altro processo (la banda dello spray definitivamente). "Non è emerso con certezza – scrive ancora la Pizi – che i giovani avventori usciti per primi cadevano a causa della frattura dei gradini della rampa ma spinti dalla folla e non può ritenersi dimostrata l’incidenza causale dello stato di degrado pure emerso con riferimento alle balaustre”.
Non tutti i corpi delle persone decedute "venivano rinvenuti alla destra e alla sinistra delle stesse, Asia Nasoni veniva rinvenuta al termine di rampa e scalini”. L’evacuazione in emergenza è da escludere dal novero degli eventi prevedibili dai membri della commissione di vigilanza ed inevitabile mediante il rispetto degli obblighi previsti a loro carico. Un esodo in condizioni del tutto avulse da qualunque forma di previsione e prevedibilità”.