Una casa-museo sul mondo contadino: "Per non dimenticare chi eravamo"

L’anconetano Enzo Monsù ha ristrutturato l’abitazione di famiglia a Filottrano come era una volta

Una casa-museo sul mondo contadino: "Per non dimenticare chi eravamo"

Una casa-museo sul mondo contadino: "Per non dimenticare chi eravamo"

Prima una sorta di museo nella sua casa natale di Filottrano, poi un libro per raccontare "Come eravamo, storie di vita rurale marchigiana". È questo il titolo del volume scritto da Enzo Monsù, anconetano di Pietralacroce, con un’infanzia tra le campagne di Filottrano, il paese in cui è nato. "Com’è nato tutto? Durante la ristrutturazione della nostra casa colonica di Filottrano, quando ho trovato diverse cose di mio padre – spiega Monsù – Nell’interrato, ho pensato di raccogliere le testimonianze del mondo contadino, che era davvero un altro mondo rispetto a quello di oggi. Ho trovato sparsi nel fienile e nella capanna attrezzi e cianfrusaglie che – fa Enzo – papà raccoglieva qua e là. Un po’ perché è stato un coltivatore diretto per tutta la vita e un po’ perché aveva il gusto della documentazione".

Un fanale a carburo della bici, il triciclo che gli aveva costruito il padre con le sue mani, ma anche tanti altri reperti di una volta, un’epoca passata che è ancora presente. Lontani dagli smartphone, si passavano le domeniche al caldo del camino guardandosi negli occhi. Rapporti veri, legàmi genuini. "Ho organizzato vari ambienti che ricostruiscono l’epoca di allora, sei stanze della casa colonica sono diventate una sorta di museo". La stalla, una ruota di un biroccio, l’abbeveratoio delle mucche, la bascula, le seghe per tagliare gli alberi. "E in camera da letto, ho messo persino i vasi da notte".

I nipoti di nonno Enzo cominciano a fargli domande, a chiedere spiegazioni, a porsi interrogativi: "Raccontavo loro le storie del mondo contadino, di quando si faceva il pagliaio, di quando si trebbiava o si ammazzava il maiale. In un angolo, ho riposto il bigliardino e da un’altra parte ho costruito l’angolo della memoria. L’ho fatto per loro. Solo successivamente ho cominciato a scrivere – riflette – Sa, ho visto che c’era interesse per queste storie". E prosegue infine l’autore: "A dire il vero, ho la sensazione di appartenere all’ultima generazione in grado ancora di sintetizzare questo quadro. Abbiamo vissuto un terremoto sociale, economico e politico. Era un mondo premoderno, si faceva tutto in casa: lì si partoriva e lì si moriva. Quell’epoca non sarebbe più riconoscibile se i nipoti non avessero i racconti dei nonni. Quasi non ci crederebbero che abbiamo vissuto quei tempi là. Non c’era da mangiare a sufficienza, ma ricordo tanta solidarietà. Pensate, ci si prestava addirittura il pane tra vicini di casa".

Nicolò Moricci