Una riforma che indebolisce il cittadino

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Riccardo

Ionta*

La Costituzione garantisce i diritti della persona. Chiunque essa sia. E impone di perseguire i reati. Chiunque sia stato a commetterli. Lo fa assicurando che a giudicare sia un magistrato indipendente, non influenzabile da alcuno. La riforma scolora questa indipendenza. E così facendo indebolisce il cittadino, fiacca la giustizia. È per questo che i magistrati scioperano, per questo tutti dovrebbero farlo. La riforma mette il cittadino davanti ad un magistrato che subisce condizionamenti prima sconosciuti. Attribuisce a taluni magistrati il potere su altri, favorendo il carrierismo e indebolendo l’autonomia del singolo giudice o pm. Costringe il magistrato a scrivere sentenze o a perseguire reati guardando ai numeri e non alla qualità dei diritti (chi vorrebbe essere operato da un chirurgo cui è stato imposto un numero di operazioni da fare, in un dato tempo, a prescindere da quale sia la malattia da curare?). Aumenta i poteri dell’esecutivo sui magistrati perché il Ministero di Giustizia inciderà sulla nomina dei capi degli uffici, sulle valutazioni di professionalità, sulla scelta dei reati da perseguire, su quante sentenze vanno scritte. Prevede la possibilità, per alcuni avvocati, di partecipare alla valutazione del magistrato pur continuando ad assistere i propri clienti proprio di fronte a quel magistrato. Pretende di valutare la professionalità del magistrato (cosa che già avviene ogni quattro anni, a differenza che per altre professioni) e di nominare i capi dell’ufficio sulla base di pareri inverificabili e dati equivoci, quindi strumentalizzabili. Separa le carriere, allontanando il pm dalla magistratura e avvicinandolo all’influenza del potere esecutivo. Consegna, alla fine, un magistrato indebolito in mano al lato oscuro delle correnti. La giustizia, come la democrazia, è una macchina imperfetta. C’è bisogno di una riforma che la migliori per rendere un giusto servizio al cittadino. E questa riforma riesce nell’esatto contrario.

*Giudice civile

Tribunale di Ascoli