
Ancona, 20 settembre 2023 – Una coppia di sposini si era accorta a metà viaggio di nozze che la seconda località dove dovevano spostarsi, dopo la Thailandia, non era stata pagata. Un’altra coppia, in luna di miele in Sud Africa, era dovuta rientrare in Italia perché arrivata a destinazione aveva scoperto che il conto non era saldato.
Poi ci sono state famiglie beffate che avevano dato le caparre per le ferie estive ma il loro viaggio non c’era. E’ finita a processo per truffa aggravata la titolare dell’agenzia di viaggio "Vanilla", a Castelfidardo, risucchiata da una inchiesta scoppiata nell’estate del 2018, dopo che i primi clienti si erano rivolti alle forze dell’ordine per sporgere denuncia e anche all’Adiconsum.
E’ una 36enne, anconetana, volata poi in Kenya (dove vive un parente) per sfuggire ad una clientela imbufalita per le vacanze rovinate. Una 20ina sarebbero infatti i beffati delle mete da sogno, tra febbraio e agosto del 2018, di cui hanno assaporato solo qualche giorno e, nella maggior parte dei casi, nemmeno l’ebrezza di salire nel volo aereo perché non risultava nemmeno prenotato.
Ieri, davanti al giudice Carlo Cimini, sono stati sentiti sei clienti che avrebbero pagato caparre per i viaggi mai fatti perché il denaro sarebbe stato intascato dall’imputata, difesa dall’avvocato Fabrizio Menghini.
Uno solo di questi è riuscito a partire, trovando l’aereo prenotato ma poi si è dovuto pagare il soggiorno una volta arrivato. Stando alle accuse la 36enne, che aveva l’attività in via Marconi, incassava i soldi dai clienti che si rivolgevano alla sua agenzia ma poi, in prossimità dei viaggi o addirittura nel corso degli stessi, non risultavano pagati i conti dovuti. Qualcuno si è dovuto pagare di nuovo il volo aereo per tornare a casa, altri l’intero soggiorno una volta arrivati alla meta.
Almeno tre le coppie della presunta truffa a cui è stato rovinato il viaggio di nozze. Le cifre che la clientela ha denunciano andavano dai 200 euro fino a quasi 6mila euro. Tra i beffati anche un tour operatore che ci ha rimesso quasi 4mila euro. Stando sempre alle accuse la 36enne avrebbe disposto falsa documentazione per attestare l’avvenuta prenotazione a beneficio dei clienti delle prestazioni richieste. L’intento però, è anche la linea difensiva, non sarebbe stato quello di truffare ma la donna sarebbe incappata in un periodo di problemi economici con la sua attività e non sarebbe riuscita a coprire i debiti con le prenotazioni che prendeva.
Le cifre sono tutte ancora da dimostrare. Solo due clienti si sono costituiti parte civile. Prossima udienza il 24 ottobre per sentire altre vittime della truffa.