Baby gang, l’urlo di una madre "Il carcere non serve, aiutateci"

Il figlio è uno dei nove arrestati nell’inchiesta sui reati della Famiglia Montana, scrive una lettera a Tanti "Il bullismo è una piaga che va combattuta con politiche sociali adeguate". Il trapper in diretta su Instagram

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di Federico D’Ascoli

È l’urlo di dolore di una donna ferita. È la madre di uno dei nove ragazzi arrestati nell’ambito dell’inchiesta aretina sulla baby gang che si faceva chiamare Famiglia Montana.

La donna ha scritto una lettera aperta al vice sindaco Lucia Tanti, che preferisce non replicare. "Per loro il carcere è il primo passo", aveva detto la titolare della delega alle Politiche sociali dopo aver dato la disponibilità del Comune a farsi carico dei giovani.

La madre, che chiede di restare anonima, si sfoga con durezza, toccando anche temi delicati, come l’età dei giovani coinvolti: "In psicologia l’adolescenza viene definita una seconda rinascita: è uno dei periodi più ingrati del ragazzo. C’è il distacco e il giovane inizia la sua nuova strada imparando a conoscere il mondo. Come può conoscere un buon mondo ed essere un uomo civile un ragazzo che arriva con una barca, dove viene picchiato, e dorme per un anno in un garage ad Arezzo? Mi riferisco al capo banda arrestato..." attacca.

I toni sono alti, le domande dirette: "Il bullismo è una piaga ormai molto diffusa in particolar modo negli adolescenti immigrati non integrati nella società. Questo problema va combattuto con politiche sociali adeguate e mirate. Cosa sta facendo per questo?".

La madre riesce anche ad ammettere che "il carcere è giusto" ma solo "dopo che c’è stato il tentativo di un intervento serio e costante del sistema sociale, che, in questo caso non c’è assolutamente stato".

La notizia di cronaca nera che allo stesso tempo diventa un dramma privato: "Chi le scrive è una mamma che sta cercando di aiutare questi adolescenti a elaborare la loro rabbia e uscire dalla loro fragilità e vergogna, affinché non diventino leader negativi così da imitare chi è stato messo in carcere diventando così il portabandiera di un disagio sociale non visto" si arrabbia l’anonima mamma.

Nel frattempo sul profilo del trapper Welid Montana si fanno dirette su Instagram, un’oretta di dialoghi in italiano e marocchino a cui partecipano anche un centinaio di persone.

Tutto legittimo perché il cantante di musica trap ai domiciliari nel nord Italia, nel provvedimento del gip di Arezzo non ha il divieto di comunicazione con l’esterno. I social sono l’ambiente dove la gang è nata e restano un luogo d’incontro tuttora utilizzato. Sono passate anche da lì le indagini degli inquirenti dopo le rapine, estorsioni e minacce con protagonista la baby gang Chi indaga ha trovato immagini e video di pistole, coltelli e minacce contro la polizia.

Le nove misure cautelari (sei arrestati e tre inviati in comunità) disposte dalla giustizia minorile, potrebbero ora indirizzare l’inchiesta verso ragazzi maggiorenni della baby gang aretina.