Blitz clan Moccia, 57 arresti nell'inchiesta sull'alta velocità. Sequestri per 150 milioni

Tra le misure cautelari, figurano anche due politici pugliesi che avrebbero favorito l'espansione dei Moccia nel Leccese e due funzinari di Rfi, accusati di corruzione sull'appalto della stazione ferroviaria di Afragola

Napoli, 20 aprile 2022 – Associazione mafiosa, estorsione, corruzione, ricettazione e auto riciclaggio. Sono solo alcune dei reati contestati a 57 affiliati del clan Moccia di Afragola, nel Napoletano, finiti al centro di un’inchiesta sugli appalti dell’Alta velocità e poi estesa ad altri affari illeciti e arrestati. Sequestrati beni, immobili e quote societarie per 150 milioni di euro, con un provvedimento preventivo urgente.

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Tutti gli indagati sono stati arrestati: per 36 di loro misura cautelare in carcere e per gli altri 16 sono scattati i domiciliari. Emesso il divieto temporaneo di esercitare attività d'impresa per cinque persone. L'organizzazione dei fratelli Moccia ha un'ala militare, ma anche una imprenditoriale che è molto attiva nel recupero degli oli esausti di origine animale o vegetale di tipo alimentare, nel recupero di scarti di macellazione, ma anche nei grandi appalti ferroviari, compresa l'Alta Velocità. L'ordinanza di custodia cautelare, emessa lo scorso 9 aprile dal gip del Tribunale di Napoli, è stata eseguita oggi dai carabinieri del Raggruppamento Operativo speciale.

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Rfi, due funzionati arrestati per corruzione

Le mani del clan Moccia si erano allungate anche sugli appalti di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) e tra questi figurano quelli che riguardano la stazione dell'Alta Velocità di Afragola, in provincia di Napoli. A sostenerlo sono i carabinieri del Ros di Napoli e i finanzieri del Gico della Guardia di Finanza di Napoli che oggi hanno notificato complessivamente 57 misure cautelari e sequestrato beni per 150 milioni di euro.

Tutto sarebbe stato reso possibile grazie ad un gruppo di imprenditori, ritenuti legati al clan, le cui imprese avevano tutti i presupposti, tra cui le certificazioni antimafia, che gli consentivano di poter accedere a questo tipo di oppurtunità, tanto da essere presenti, quelle ditte, tra quelle di fiducia di Rfi. Tra i destinatari delle misure cautelari degli arresti domiciliari figurano anche due funzionari di Rfi, inseriti nell’unità territoriale di Napoli Est, Salvatore Maisto e Stefano Deodato, ai quali viene contestata l'accusa di corruzione.

La posizione di Rete Ferroviaria Italiana

A seguito degli arresti dei due dipendenti di Rfi, la posizione dell’azienda. “Rete Ferroviaria Italiana – fa sapere Rfi – ha appreso dalle fonti di stampa che l’inchiesta della Procura di Napoli su presunte infiltrazioni camorristiche in appalti ferroviari ha coinvolto due suoi dipendenti, posti agli arresti domiciliari. Nei confronti di uno ha già attivato idonee procedure, riservandosi ogni ulteriore iniziativa non appena disponibili le informazioni occorrenti. L’altro, invece, non risulta più in organico”.

“Rfi, che comunque nella vicenda si ritiene parte lesa, si attiverà per avere evidenza degli atti al fine di conoscere il nome delle ditte coinvolte nell’inchiesta e il loro ruolo negli appalti. A quel punto potrà adottare, anche nei loro confronti, le più appropriate iniziative che possono includere l’inibizione dal sistema di qualificazione e la sospensione dei contratti eventualmente ancora attivi”.

Legami con la politica pugliese: due arresti

Tra gli arrestati del blitz anticamorra – concluso questa mattina a Napoli dai carabinieri del Ros, coordinati dalla Procura partenopea – c’è anche Andrea Guido, consigliere comunale d'opposizione di Lecce, assessore nella passata legislatura nella giunta di centro-destra. Secondo l'ipotesi degli investigatori, Guido avrebbe favorito appalti a favore di personaggi riconducibili al clan Moccia. Appalti per l’affidamento del servizio di raccolta dell'olio esausto, di origine alimentare, nella città di Lecce e negli altri Comuni che fanno parte del Consorzio Aro I/Le.

Stessa ipotesi di reato per un altro dei 57 arrestati, l'ex consigliere comunale di Bari, Pasquale Finocchio, accusato di traffico di influenze. Gli indagati avrebbero agito nella comune consapevolezza e volontà di agevolare l'affermazione degli interessi economici e del potere economico-criminale del clan Moccia in Puglia.

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L’inchiesta: come era organizzato il clan 

L'indagine dei Ros di Napoli riguarda la struttura mafiosa che ha a capo i fratelli Angelo, Luigi e Antonio Moccia, insieme al cognato Filippo Iazzetta, che, anche da reclusi e dopo il trasferimento di Angelo e Luigi a Roma, hanno continuato a esercitare un controllo capillare nei territori del Napoletano di Afragola e nei comuni limitrofi. La famiglia Moccia nel tempo hanno accumulato ingenti capitali, ammonta a 150 milioni di euro il decreto di sequestro preventivo di urgenza eseguito oggi dalla Guardia di finanza di Napoli.

“L'indagine – spiega in una nota la Procura di Napoli – ha consentito di acquisire indizi circa l'esistenza e l'operatività di una organizzazione mafiosa, strutturata e organizzata su diversi livelli di comando e di competenza territoriale". L'area interessata è quella di Afragola e dei comuni limitrofi.

I capi clan davano ordini dal carcere capitolino, i "subordinati" ricevevano l'indicazione di specifici reati fine, consumati sia dai vari sottogruppi territoriali la cosiddetta "ala militare" del clan, anche da parte di imprenditori attivi nel settore del recupero degli olii esausti e degli scarti di macellazione, nonché nei grandi appalti ferroviari e dell'alta velocità, cui avrebbero impartito direttive e fornito ingenti provviste derivanti dall'accumulazione illecita, nel tempo, di grandi capitali.

Angelo Moccia, il capoclan in udienza dal Papa

Angelo Moccia, uno dei fratelli ritenuti a capo dell'omonimo clan di camorra di Afragola, era stato ricevuto, insieme alla moglie, all'udienza generale che Papa Francesco tiene ogni mercoledì. È successo il 22 marzo 2017 ed è emerso dalle intercettazioni ambientali, che hanno portato all'alba di oggi, alla misura cautelare in carcere emessa nell'ambito di un'indagine sugli appalti dell’alta velocità nel Napoletano.

La circostanza emerge dall'ordinanza emessa lo scorso 9 aprile dal gip di Napoli, Maria Luisa Miranda. Il capoclan Angelo Moccia si è recato all'udienza, secondo quanto evidenzia una intercettazione, in compagnia dell'imprenditore, Giovanni Esposito, anch'egli accompagnato dalla consorte. Sia per Angelo Moccia, sia per Giovanni Esposito, il giudice ha disposto la misura cautelare del carcere.

Stai proprio accanto al Papa qua?”, dice Gennaro Moccia, mentre prende visione di una foto che ritrae Giovanni Esposito con il Papa Francesco, scattata in occasione della visita in Vaticano della sua famiglia. Gennaro Moccia, fratello di Angelo, viene intercettato dal Ros mentre parla con l'imprenditore Giovanni Esposito. “Guarda come mi guarda il Papa...”, risponde l'imprenditore, soddisfatto.