Il futuro non è più quello di una volta e manco il Papeete, tant’è che quest’anno il remix ’22 tocca a dj Beppe Conte. Matteo Salvini tuttavia ha già rimesso il solito disco – un minuto dopo la caduta di Mario Draghi, a dire il vero –, con le foto su Instagram e Twitter dei barconi e dei migranti che assalterebbero l’Italia (yaaawn). Ma non sarebbe una vera campagna elettorale se i leader non comiziassero offline, su e giù per l’Italia, come si faceva un tempo quando non c’erano i 280 caratteri.
Sicché a petto nudo – pur senza campi di grano dintorno –, il leader della Lega si è concesso qualche giorno a Lampedusa; non per banale balneazione, bensì per verificare lo stato degli sbarchi e sparacchiare, come fa da quando non c’è più lui al Viminale, contro la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese: "Non vedo l’ora di vedere un ministro della Lega a difendere i confini e l’orgoglio di questo Paese. Dal 25 settembre si cambia, ora tocca a voi!", dice Salvini anticipando il ritornello elettorale leghista, che poi è sempre quello del 2018, su lotta all’immigrazione e sicurezza.
Ma per un Salvini stancamente (nel mar) Mediterraneo c’è una Giorgia Meloni atlantica che si rispetti. Intervistata dalla Fox, la leader di FdI che ha da far dimenticare anche agli americani i retaggi del passato - c’è chi dice pure del presente, con certe fiamme nel simbolo – ha rivendicato in inglese le posizioni internazionali del suo partito: "Fratelli d’Italia anche dall’opposizione ha aiutato il governo Draghi a fare quello che doveva fare, a partire dal sostegno all’Ucraina. Quel conflitto è la punta dell’iceberg di un processo di revisione dell’ordine mondiale. Se l’Occidente perde, a vincere sono la Russia di Putin e la Cina di Xi; e nell’Occidente gli europei sono quelli che pagheranno le conseguenze peggiori". Peccato per quel "too present" a proposito dello Stato - "no, present nun se dice!" -, ma complessivamente non se l’è cavata male. Si può sempre far peggio, con certe pronunce da anglo-beceri.
C’è poi Carlo Calenda, terza immagine di questa campagna elettorale appena nata (ma per fortuna durerà poco), da una settimana attaccato a Twitter più del solito. Il leader di Azione passa ormai le sue giornate a spiegare ai suoi elettori la bontà dell’alleanza con il Pd, che ieri ha dato il via libera all’accordo pure con i Verdi e Sinistra Italiana. E va sempre peggio, perché più trascorrono le ore e più la coalizione bar di Star Wars prende forma fino a diventare una corazzata contro "le destre", come ha spiegato Letta ieri, in difesa della Costituzione (ma infatti: il taglio del numero dei parlamentari chi l’ha votato, Topo Gigio?). Una parte dei sostenitori di Azione è delusa, basta compulsare i social calendiani per accorgersene: anziché andare da solo o al massimo siglare un’intesa con Renzi, l’ex ministro ha scelto l’accordo con il partito che è di Enrico Letta, sì, ma anche di Peppe Provenzano e Goffredo Bettini.
Al che la domanda sorge spontanea: e se quello di Calenda fosse stato un azzardo da cui adesso non può più tornare indietro? D’altronde, se sei un leader politico e passi le giornate a giustificarti su Twitter significa che c’è qualcosa che non torna. E infatti: poveri quegli elettori che sognavano l’Azione.