Covid, "Così la burocrazia ferma la cura". Monoclonali, difficile fare i test

Rappuoli: "La legge sulla privacy rende difficile trovare pazienti positivi. E i medici di base non collaborano"

Rino Rappuoli, microbiologo, 68 anni

Rino Rappuoli, microbiologo, 68 anni

"Se ognuno dei 14 centri medici specializzati, da Firenze a Verona, da Milano a Napoli, da Trieste ad Avellino, riuscisse a reclutare 3 o 4 pazienti positivi al giorno, in meno di due settimane la sperimentazione sarebbe conclusa. E l’iter dell’approvazione diventerebbe rapidissimo. Potremmo avere gli anticorpi monoclonali disponibili già a luglio. E invece non riusciamo a trovare gli 800 pazienti positivi al virus, a causa delle norme sulla privacy e di una collaborazione che non c’è con i medici di famiglia. Che non sono motivati a sollecitare i loro pazienti a provare la cura contro il Covid".

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Il 2021 è un anno magico per Rino Rappuoli. La ceo di Gsk, Emma Walmsley l’ha nominato un mese fa capo della ricerca mondiale per i vaccini. Oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo insignirà Cavaliere del lavoro, assieme ad altri 24 ’campioni d’Italia’, tra cui John Elkan, Luigi Gubitosi e Philippe Donnet. Ma c’è sempre una piccola nube in ogni cielo sereno. E riguarda l’intoppo, più di procedura che scientifico, che rischia di rallentare il successo degli anticorpi monoclonali italiani, sviluppati da Rappuoli all’interno del Mad Lab della Fondazione Tls. "Da qualche giorno è iniziata la fase 2 e 3 delle prove cliniche – entra nel dettaglio lo scienziato pioniere dei vaccini –, dopo che la fase 1 sugli anticorpi Tls si è chiusa con risultati eccellenti. Abbiamo selezionato 14 centri medici in Italia, le unità operative di Malattie infettive in ospedali come lo Spallanzani a Roma, il Cisanello a Pisa, Careggi a Firenze, l’Ospedale Maggiore di Milano, in cui effettuare le prove".

In cosa consistono questi test clinici?

"Semplice: iniettare in pazienti positivi, entro le 72 ore dal contagio evidenziato dal tampone, il nostro anticorpo monoclonale. Un’iniezione normale, ma grazie alla potenza e all’efficacia del nostro anticorpo, i pazienti possono guarire in fretta, se non hanno sintomi, e non avranno complicazioni peggiori dal contagio. Per concludere la fase 2 e 3 dovremo fare le prove su circa 800 positivi".

In Italia ci sono ancora tanti contagiati. Non riuscite a trovare quelli adatti?

"Il problema fondamentale è che non sono molti coloro che sanno di questi test clinici. E i centri medici hanno difficoltà a reclutare i pazienti. Non possono chiamarli direttamente, violerebbero la privacy. Dovrebbero essere contattati dai medici di famiglia. Che però non sanno di queste prove e non sono molto motivati a sollecitare i loro pazienti. E questo rallenta notevolmente la procedura".

Di quanto tempo?

"In questi giorni di inizio della nuova fase, siamo riusciti a reclutare solo 6 o 7 pazienti in tutti e 14 i centri. I positivi non conoscono questa opportunità che potrebbe curarli molto più in fretta. Il nostro anticorpo monoclonale è efficace non solo per i casi più gravi, ma anche per chi ha sintomi lievi. Oltre ai medici ci sarebbe un’altra strada..."

Quale?

"Possono essere direttamente i pazienti positivi a contattare il centro medico tra quelli più vicini a loro. Basta una telefonata e potranno fare l’iniezione rapidamente. La lista dei 14 centri e dei referenti medici e primari di Malattie Infettive è a disposizione".

Spera di recuperare questo gap, come è stato per le vaccinazioni anti Covid?

"Lo spero. Abbiamo bisogno urgente di anticorpi efficaci. Nel sud del mondo, dall’India al Brasile, dall’America Latina all’Africa, il virus continua a circolare e a generare varianti. Dobbiamo tenere l’allerta alta e non rilassarci. Mentre i vaccini attuali, almeno i migliori, sembrano efficaci contro le varianti del virus, noi dobbiamo monitorare l’evoluzione ed essere pronti anche a nuove mutazioni".

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