Covid, la ricerca: "Test rapidi utili ma poco sensibili, ora vanno sostituiti"

L’indagine di Asl e Università di Perugia: "Sono stati utili, ma servono risposte più sensibili". Nuove code per i tamponi

Tamponi rapidi in auto

Tamponi rapidi in auto

Perugia, 17 dicembre 2021 - "Alla luce dei dati raccolti dall’inizio del 2021, possiamo affermare che il tampone antigenico rapido, sebbene nei grandi limiti della sua accuratezza, in un contesto emergenziale è stato uno strumento utile per intercettare una quota e una tipologia di potenziali positivi che senza questo testing sarebbero sfuggiti. In prospettiva futura auspichiamo però una sostituzione degli attuali test antigenici qualitativi con dei test altrettanto veloci, pratici e sostenibili, ma più sensibili, i quali permetterebbero di rintracciare anche quella considerevole parte di falsi negativi che non viene rilevata all’antigenico rapido".

Carla Bietta, responsabile dell’Unità Epidemiologia della Asl Umbria1 e Andrea Pellacchia, tirocinante della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva - Università degli Studi di Perugia, ad arrivare a tale conclusioni. Lo hanno fatto al termine di una lunga ricerca che ha interessato in Umbria oltre 800mila test nel 2021 da cui è emerso che il tasso di positività dell’intero periodo sugli antigenici è dello 0.66%.

"L’andamento della positività ai test rapidi segue l’andamento nello stesso periodo del tasso di positività al test molecolare. A partire da settembre è stato osservato un progressivo aumento dell’utilizzo degli antigenici che raggiunge ad ottobre e novembre la numerosità maggiore dall’inizio della nostra serie storica, con una crescita consistente in particolare della classe 40-69 anni che diventa predominante, verosimilmente come risposta all’introduzione del green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro. Notiamo come sempre a partire da settembre ci sia un forte incremento di test provenienti da non vaccinati, tanto da rappresentare a novembre circa l’80% dei test effettuati", affermano i due esperti. E infatto nel centro dedicato dall’Asl a Santa Lucia si formano spesso lunghe code.

"È interessante osservare come la quota dei fuori regione inizi ad essere significativa a partire dai mesi estivi, con un probabile ricorso al test per la generazione di un green pass, in un contesto di maggior movimento tra le regioni. Anche il numero dei test eseguiti da parte dei vaccinati aumenta dal mese di agosto e raggiunge a novembre la maggior numerosità. La percentuale di vaccinati tra i soggetti risultati positivi all’antigenico e confermati al molecolare aumenta come atteso con l’aumentare della progressione della campagna vaccinale fino a raggiungere a novembre il 60% degli ag positivi confermati, pur rappresentando la parte di popolazione che effettua meno test. La spiegazione di tale fenomeno può essere il diverso utilizzo che viene fatto del test antigenico nelle due categorie: da un lato i non vaccinati, spinti ad un utilizzo ripetuto del test alla ricerca di una negatività per ottenere un "via libera", in un contesto quindi di bassa prevalenza; dall’altro lato i vaccinati, che ricorrono all’antigenico per una ulteriore sicurezza personale, perché paucisintomatici o per una esposizione ad un rischio, alla ricerca perciò di una positività (prevalenza e sensibilità del tes t maggiore). La percentuale di persone positive che viene rintracciata dai test antigenici rispetto al totale dei positivi, è aumentata da gennaio in poi – concludono Bietta e Pellacchia – raggiungendo a novembre un aumento dell’incidenza circa il 16% delle diagnosi dei casi di SARS-Cov-2".