Crollo Marmolada: "Nel 2050 spariranno i ghiacciai"

Il climatologo Pasini: la tendenza è già definita e gli effetti avranno un impatto diretto su ecosistema ed energia

Il ghiacciaio della Marmolada (Ansa)

Il ghiacciaio della Marmolada (Ansa)

Roma, 5 luglio 2022 - "Il futuro delle nostre montagne dipende da noi: dal quanto e dal quando ridurremo il cambiamento climatico, che non è un evento che si manifesterà in un futuro lontano ma è qui ed ora, come stiamo putroppo vedendo, e ci accompagnrà nei prossime decenni". Così Antonello Pasini, fisico climatologo del Cnr e docente all’università di Roma Tre.

Crollo della Marmolada: il secondo giorno di ricerche

Professor Pasini, qual è la condizione dei ghiacciai italiani?

"In costante regressione, corentemente con quello che accade in tutto il mondo. Il ghiacciaio della Marmolada potrebbe scomparire in 20-30 anni. Resisteranno al 2050-2060 solo quelli oltre i 3.000-3.500 metri. Molto pochi, pertanto".

E la colpa è del cambiamento climatico.

"Noi climatologi siamo sempre molto cauti nell’affermare che un singolo evento è dovuto al cambiamento climatico, ma in questo caso possiamo dire che la statistica della frequenza delle ondate di calore, l’andamento delle temperature e il trend della riduzione della criosfera, cioè della copertura glaciale e nevosa, è talmente evidente che è inevitabile attribuire quanto successo al riscaldamento globale. La tendenza è chiara e netta".

Che futuro si disegna per gli ambienti montani europei?

"Il problema è che i ghiacciai non sono in equilibrio con la temperatura, che è già salita di 1.1°- 1.2°. Sono sovradimensionati. La loro dinamica è lenta ma inesorabile, ghiacciai e copertura nevosa si ridurrano anche se dovessimo riuscire a bloccare il riscaldamento climatico ai livelli attuali. Se anche la temperatura rimanesse quella di oggi, i ghiacciai alpini perderebbero un altro 30% della superficie e del volume. Se invece non facessimo nulla gli scenari più aggiornati dicono che se le emissioni continueranno come adesso noi perderemo il 90-95% dei nostri ghiacciai. Quindi bisognerà continuare a ridurre le emissioni per evitare gli scenari peggiori e al tempo stesso adattarsi".

Quali sarebbero gli effetti collaterali di una scomparsa dei nostri ghiacciai?

"A parte l’aspetto paesaggistico e quindi turistico, ci sarebbe un impatto pesante sulle risorse idriche, specialmente in estate. La portata estiva dei nostri fiumi si ridurrebe, così la produzione idroelettrica. E come è accaduto questo giugno potrebbe anche essere necessario bloccare la produzione di centrali elettriche a gas, a causa della mancanza di acqua di raffreddamento".

È possibile mantenere il riscaldamento in 1.5°, come chiesto alla conferenza di Parigi nel 2015?

"Più passa il tempo, più la finestra si riduce. Prima la pandemia e poi la guerra in Ucraina non hanno aiutato, anche se probabilmente lo sganciamento dal gas russo nel medio periodo darà un forte impulso alle rinnovabili. Nel medio periodo sono ottimista, ma nel breve la frenetica ricerca di altro gas, con la costruzione di altre infrastrutture per questo combustibile e la riapertura di centrali a carbone, non aiuterà e ci farà perdere qualche anno. E non ci voleva".