Il Garante: lo sciopero è illegittimo. Ma Landini e la Uil tirano dritto

Confermata la protesta di giovedì prossimo. Il segretario Cgil: la manovra non si occupa dei più deboli

Il presidente del consiglio, Mario Draghi

Il presidente del consiglio, Mario Draghi

L’Autorithy vieta lo sciopero generale, ma Cgil e Uil lo confermano. Lo scontro esplode nel giorno in cui Draghi mette sul tavolo un altro miliardo contro il caro bollette: segnale per le famiglie, certo, ma anche per i sindacati. Il presidente della Commissione di garanzia, Giuseppe Santoro-Passarelli, mostra il disco rosso: Landini e Bombardieri non possono fare la protesta il prossimo giovedì, spiega nella delibera, per una serie di motivi. Intanto, viola la franchigia prevista per i servizi postali, visto che il 16 scade il pagamento dell’Imu. Poi, non rispetta i tempi consentiti per i servizi ambientali essenziali: per i rifiuti la legge vieta astensioni tra il 16 dicembre e il 6 gennaio. Infine, è troppo vicino ad altre proteste. Conclusione: entro 5 giorni va scelta un’altra data.

È un colpo basso. Al quale Cgil e Uil reagiscono scendendo in trincea e confermando la protesta di otto ore che si dovrebbe snodare in 5 piazze: a Roma, Milano, Bari, Palermo e Cagliari. I due sindacati "prendono atto della delibera - si legge in una nota – e procederanno garantendo che lo sciopero del 16 sarà effettuato nel pieno rispetto delle norme". Esentando cioè dallo stop le poste (già era esonerata la sanità, fuori anche la scuola che incrocia la braccia oggi) mentre l’astensione prevista il 13 per i servizi ambientali è stata revocata. Della rarefazione degli scioperi, il vero sgambetto del Garante, il comunicato o non fa cenno. A denti stretti qualcuno afferma che il suo ragionamento è "inoppugnabile". In fin dei conti, a firmare la regolamentazione sono state le Confederazioni.

Allo sciopero risponde, implicitamente, anche il governo muovendo su un doppio binario: bastone e carota. Draghi accelera i tempi, riunisce il consiglio dei ministri e vara il decreto fiscale senza modifiche e senza convocare i leader sindacali. È possibile che lo faccia nei prossimi giorni: qualche soldo in più potrebbe venire fuori, ma non per il fisco. Da quel punto di vista, il premier ha scelto la linea rigida. In compenso l’esecutivo tira fuori un miliardo per il caro bollette portando cosi il fondo a 3 miliardi e ottocento milioni, somma che sfiora i quattro miliardi reclamati fin dall’inizio dalla Lega. Se si pensa che il contributo di solidarietà che ha portato allo scontro con i sindacati avrebbe fruttato poche centinaia di milioni, tanto basta a rendere ragione della portata della scelta. È la ministra Gelmini a collegare direttamente l’aumento e lo sciopero: "È uno sforzo senza precedenti, che si somma a quelli effettuati e rende ancora più difficile comprendere le ragioni dello sciopero generale".

La Cgil non si accontenta e Landini spiega, a modo suo, il motivo: "Proprio perché la manovra è espansiva, deve andare verso chi ha più bisogno: lavoratori, pensionati, redditi bassi". Ma questa non è la piattaforma di uno sciopero rivendicativo, bensì la richiesta di un progetto politico e strategico di governo che in una manovra fatta per non scegliere e che per questo ha scontentato un po’ tutti, sia sindacati che la Confindustria, non c’è traccia. La conferma che lo scontro del sindacato è si con il governo ma è ancora di più con il Pd, accusato di non aver difeso le esigenze di una politica sociale ed economica diversa complessiva.