Band P38 inneggia alle Brigate rosse: oltraggio a Moro nel circolo Arci di Reggio Emilia

Concerto choc dei “P38“ la sera del Primo maggio nella città in cui nacque il gruppo terroristico

P38, la copertina dell'album con il brano 'Renault'

P38, la copertina dell'album con il brano 'Renault'

Esaltano le Brigate Rosse a colpi di musica rap e trap. Si chiamano P38 –La Gang e già il nome basta a rievocare l’arma simbolo degli Anni di Piombo. Si autodefiniscono "collettivo musicale artistico insurrezionale" o peggio "trapper brigatisti". Peccato che siano stati invitati ad esibirsi in concerto domenica scorsa, per il Primo Maggio, ad un’iniziativa denominata ‘Festa dell’Unità Comunista’ in un circolo Arci di Reggio Emilia, il ‘Tunnel’. Proprio qui, nella terra dove oltre cinquant’anni fa nacquero le Brigate Rosse dei reggiani Alberto Franceschini, Lauro Azzolini, Franco Bonisoli e Prospero Gallinari. Anni di piombo e terrore, una scia di omicidi che sconvolse il Paese.

Oggi la band che ha scelto come nome P38 decanta le gesta delle Br. "Zitto zitto pagami il riscatto, zitto zitto sei su una R4…", hanno cantato davanti a una sessantina di persone sul palco dell’Arci Tunnel (dove è stata appesa anche una bandiera delle Br). Una band formata dal 2020 da tali Astore, Papà Dimitri, Jimmy Pentothal e Yung Stalin – come si fanno chiamare artisticamente – tutti in realtà anonimi e incappucciati (con un passamontagna bianco per tutta la durata del live). Un colpo allo stomaco per chi ha memoria di che cosa sono state le Br in Italia.

Eppure il presidente del circolo Tunnel, Marco Vicini, minimizza e difende la band (e quindi la scelta di ospitarla). "Il trap per vocazione tratta tematiche estreme e provocatorie – spiega – . E si ispira solo edonisticamente alla microcriminalità o alle droghe. Questo gruppo, che ha un certo seguito ed è da mesi in tournée, partecipando anche ad importanti festival nazionali (hanno suonato anche a Roma, Firenze e all’ex centrale di Bologna lo scorso 22 aprile, ndr) ha dato una declinazione altrettanto provocatoria con le Br".

Provocatoria, insomma. Vicini non vede il problema. "Non sta a me addentrarmi in quanto non sono un esperto, ma il mondo della musica è pieno di esempi di natura dissacrante, come la canzone ‘Juriij spara’ dei Cccp" (Gruppo musicale nato a Reggio, che però ha segnato la storia della musica punk per la qualità dei testi e della musica). "La verità – chiude Vicini – è che i fascisti si incazzavano allora a sentire le parole di Giovanni Lindo Ferretti (un altro reggiano, tra l’altro ndr) e si infuriano adesso ad ascoltare i P38". E quindi? "Penso comunque ci siano problemi più importanti di questa discussione".

Problemi più importanti o no, resta comunque il dato di fatto che la performance dei P38 è destinata a far discutere, anche perché appare quanto meno stonata rispetto alla festa dei lavoratori. Anzi, di cattivo gusto. Basterebbe dare uno sguardo ai testi delle canzoni. La pagina Facebook del gruppo parla da sola: vi spunta anche il simbolo della stella asimmetrica a cinque punte a racchiudere il nome P38, oltre a una illustrazione che rappresenta il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani a Roma dentro la famosa Renault rossa. E proprio al caso dello statista assassinato dalle Br nel 1978 si ispira la canzone ‘Renault’.

"I loro testi – si legge sempre sul social in cui si presenta la band – sono connotati da una forte presenza di riferimenti e tematiche appartenenti all’immaginario della sinistra estrema". Tra gli altri brani del repertorio spiccano i titoli ‘Nuove Br’, ‘Gulag’ e versi (anzi, ‘barre’ come si dice nel linguaggio rapper) dal contenuto choc. Un esempio? "Sono coi miei fratelli sulla tomba di Montanelli" o "C… in testa alla Lega e poi sparo a Matteo (Salvini, ndr)".

Difficile derubricare i testi a semplice provocazione trapper. Comunque la presenza della banda ha fatto già sobbalzare il mondo politico reggiano. Dove la memoria di chi sono state veramente le Br è ancora viva. Provocazione? Sarà, certo il significato della Renault rossa, il cadavere di Aldo Moro, l’assalto terroristico allo Stato, restano una ferita aperta alla democrazia italiana.