La guerra del grano: l'Italia rischia di rimanere senza pane e pasta?

A causa del conflitto bellico i prezzi volano alle stelle ma c'è anche il problema degli approvvigionamenti visto che la materia prima arriva per gran parte dell'estero. I produttori rischiano di rimanere a secco

La guerra in Ucraina colpisce anche il grano. Aumenti per pane e pasta

La guerra in Ucraina colpisce anche il grano. Aumenti per pane e pasta

La guerra in Ucraina, indipendentemente dall'esito militare, cambierà anche i rapporti geo-economici dei prossimi anni. Il controllo delle materie prime sarà fondamentale. Sia per la produzione sia per i prezzi. E gli stati più "poveri" di materie prime (o che in maniera poco lungimirante hanno "esternalizzato" queste funzioni) potrebbero essere i più svantaggiati.

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L'autonomia produttiva

L'Italia non è certo in una buona posizione sia per quanto riguarda la produzione ma anche sul lato energia (dove, ad esempio, pesa la scelta sul nucleare) che ci costringe a "comprarla all'estero".

L'energia

Dopo gli allarmi sul rischio "razionamento energia" c'è anche la possibilità che gli italiani rimangano senza pane e pasta (due prodotti simbolo e base dell'alimentazione nazionale)?

Detto che in un mondo globalizzato (bisognerà però capire come i rapporti commerciali cambieranno al termine della guerra) il consumo interno non è, evidentemente, legato solo alla produzione nazionale. Anzi. Basta pagare, ammesso che si abbiano i soldi e che gli altri (in questo caso gli Stati esteri) siano disposti a vendere. 

I prezzi

Il primo problema, però non è legato agli "approvvigionamenti", bensì all'aumento dei prezzi dei farinacei, pane e pasta in particolare. "Con la guerra in Ucraina le quotazioni del  grano sfiorano +40% e sono in arrivo aumenti dei prezzi per pane, pasta, crackers, biscotti e dolciumi che possono andare dal 15 al 30%". L'allarme è di Assoutenti che cita i dati Ismea, secondo i quali il problema interessa anche altre materie prime come mais e soia. Da qui l'allerta di Assoutenti sui listini al dettaglio di una moltitudine di prodotti venduti in Italia.

Le speculazioni

"All'incremento delle quotazioni delle materie prime in atto si aggiungono i maggiori costi energetici in capo alle attività produttive causati del caro-bollette, e i costi di trasporto enormemente aumentati per effetto dell'escalation di benzina e gasolio - spiega il presidente Furio Truzzi -. Tutti fattori che, sommati, influiranno nelle prossime settimane sui prezzi al dettaglio di numerosi prodotti venduti in Italia, dalla pasta al pane, passando per crackers, biscotti, dolciumi". "In tale contesto rischiano di inserirsi nei vari passaggi della filiera speculazioni finalizzate a sfruttare il conflitto in Ucraina per ritoccare da subito i listini dei beni venduti in Italia - prosegue Truzzi -. Tutto ciò potrebbe portare a rincari dei prezzi al dettaglio compresi tra il 15 e il 30% per beni come pasta e pane, e il Governo farebbe bene a dare ascolto ai dati ufficiali Istat e Ismea che certificano gli aumenti e agli allarmi di consumatori e produttori circa gli imminenti incrementi dei listini al pubblico".

Mulini italiani a rischio stop

"L'Industria molitoria italiana non sarà più in grado di garantire la produzione di farine di frumento tenero nei volumi richiesti dal mercato laddove non dovesse essere ritirata con urgenza la sciagurata decisione ungherese di applicare restrizioni all'esportazione di grano anche nei riguardi dei Paesi aderenti all'Unione europea". Così Italmopa-Associazione Industriali Mugnai d'Italia (Federalimentare-Confindustria) in merito al decreto emanato dall'Ungheria che introduce un sistema di limitazione dell'export di cereali, e quindi di grano, considerati "derrate agricole strategiche". "La misura adottata dall'Ungheria costituisce una chiara violazione del principio della libera circolazione dei beni nel mercato interno europeo e rimette in discussione i valori fondamentali enunciati nei Trattati Ue" sottolinea Emilio Ferrari, presidente Italmopa "una decisione inaccettabile che rischia di compromettere il corretto approvvigionamento in materia prima dell'Industria molitoria italiana a frumento tenero il cui fabbisogno totale, pari complessivamente a 5,5 milioni di tonnellate di grano, è garantito in misura del 65 percento dalle importazioni, da Paesi comunitari o Paesi terzi, del quale oltre il 30 percento è costituito da grano ungherese".

Chi è il "padrone" del grano nel mondo

In base ai dati del Dipartimento per l'Agricoltura degli Stati Uniti d'America  la Cina entro l'estate potrebbe possedere il 60% delle scorte mondiali di grano e il 70% di mais, ma le quantità residue per il resto del mondo sarebbero comunque sufficienti per arrivare all'inizio del prossimo raccolto in estate. In particolare, la Cina potrebbe avere entro qualche mese 168 milioni di tonnellate di grano e 212 milioni di tonnellate di mais, mentre a disposizione del resto del mondo resterebbero 110 milioni di tonnellate di grano e 90 milioni di tonnellate di mais. Russia e Ucraina con il loro quantitativo stimato (12,6 milioni di tonnellate di grano e 1,85 milioni di tonnellate di mais) rappresentano l'11,5% di grano e il 2% di mais a disposizione del resto del mondo.

Le scorte europee

"Se l'Europa si dimostrerà unita, senza inutili e dannosi slanci protezionistici dei singoli Paesi, gli approvvigionamenti di grano e mais non mancheranno e non ci sarà bisogno di alcuna deregulation comunitaria su Ogm, limiti dei residui massimi e prodotti fitosanitari vietati già da qualche anno che penalizzerebbero gli agricoltori italiani e danneggerebbero consumatori italiani ed europei. Lo ribadisce CAI - Consorzi Agrari d'Italia, secondo cui "se Paesi come l'Ungheria, da cui l'Italia importa il 30% di grano tenero e il 32% di mais, confermassero l'intenzione di blindare le proprie scorte, in quel momento si aprirebbe un problema serio".

Scorte italiane sufficienti per arrivare a raccolto

La Cina entro l'estate potrebbe possedere il 60% delle scorte mondiali di grano e il 70% di mais, ma le quantità residue per il resto del mondo sarebbero comunque sufficienti per arrivare all'inizio del prossimo raccolto in estate. Sono dati dei Consorzi Agrari d'Italia (Cai) in base alle proiezioni del Dipartimento per l'Agricoltura statunitense.

Consumo procapite di pane e pasta in Italia

In Italia consumiamo 23-24 chili pro capite anno di pasta e circa 60 kg pro capite anno di pane, focacce e pizze da forni artigianali. In totale gli italiani consumano quasi più di 100 kg all'anno di derivati dal grano duro e tenero.

Chi mangia più pasta nel mondo?

Nonostante il rallentamento - riferisce il Sole 24 ore - delle esportazioni nella prima parte del 2021 dopo il record del 2020, l’Italia resta il punto di riferimento mondiale per produzione (3,9 milioni di tonnellate), export (2,4 milioni di tonnellate) e consumi: ogni italiano ne mangia oltre 23 kg all’anno, staccando in questa speciale (e un po’ sorprendente) classifica Tunisia (17 kg), Venezuela, (15) e Grecia (12). Anche se la domanda si sta normalizzando dopo i picchi del 2020 favoriti dalle restrizioni dovute alla pandemia, secondo l’indagine di Unione Italiana Food, nel 2021 i consumi interni dovrebbero assestarsi su valori in linea o superiori rispetto al 2019.