Governo, il faticoso puzzle. Salvini insiste, vuole il Viminale. Summit con il Cavaliere

Meloni continua a tessere la sua tela con lo stato maggiore di Fratelli d’Italia. La crisi energetica è però il vero banco di prova del futuro esecutivo. Giorgetti in corsa per assumere la presidenza di Montecitorio

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Roma, 1 ottobre 2022 - Giorgia Meloni è preoccupata, assai preoccupata. Ma non dal toto-ministri. È la crisi energetica il vero banco di prova del futuro esecutivo. Meloni ha già preso posizione sul delicatissimo dossier che mette insieme rapporti e bilanciamenti con Russia, i partner Ue, a partire dalla Germania, il Colle. Dopo aver condannato l’atteggiamento di quegli stati dell’Unione (leggi: Germania), che sulla crisi del gas scelgono soluzioni autonome, la premier in pectore ha preso posizione contro l’annessione russa di quattro regioni ucraine ("una farsa").

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Lei è consapevole dei tanti dossier sul tavolo. Anche ieri, ha lavorato nel suo ufficio, con lo stato maggiore di FdI, per comporre il faticoso puzzle del nuovo governo. Nelle stesse ore, ad Arcore, si sono incontrati Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, a cui già il vicepresidente di FI, Antonio Tajani, aveva recapitato un messaggio assai secco: "deciderà il futuro presidente del Consiglio" (su di te…).

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Ma la priorità, l’ossessione, resta l’economia, per lei. Su tutte, il caro bollette. Un tema di "vitale importanza per l’Italia" e su cui Meloni auspica, vanamente, "compattezza delle forze politiche". Diversi i contatti di ieri, su questo: il ministro alla Transizione ecologica, Cingolani, a Bruxelles, e con il presidente del Parlamento Ue, Metsola. Oggi, in programma, la sua prima uscita pubblica e il 10 ottobre sarà all’assemblea degli eletti FdI.

Il problema, dunque, non sono gli esosi, a volte odiosi, alleati (Lega e FI): alzano le pretese, puntano i piedi, pretendono ministeri impossibili. Poi c’è Salvini: vuole l’Interno, a tutti i costi. Non vuole Giorgetti (per lui è in predicato di arrivare la presidenza della Camera). Ha anche deciso di fare fuori tutti gli uomini e le donne in “odor di eresia“: via Garavaglia (Giorgetti), via la Stefani (Zaia), dentro solo Centinaio e Calderoli (per lui, in alternativa, c’è la guida del Senato, se Giorgetti non avrà la Camera) e Molteni, se non avrà, lui, l’Interno.

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Anche FI fa le bizze. Tajani punta i piedi: vuole gli Esteri. La Ronzulli la Salute, o l’Istruzione. Solo la Bernini – stimata in FdI – si accontenterà. Il problema della Meloni non sono neppure le ubbie dei suoi. Fitto teme di non avere un dicastero, nel gioco a incastri, e già se ne duole. Urso punta in alto: ha accreditato Giorgia negli Usa, lui, e ora batte la (gran) cassa. La Russa ha puntato la Difesa come un toro il drappo rosso. Ma, per la Difesa, ci sarebbe pure Crosetto, che la leader di FdI vede meglio al Mise. Si vedrà poi. Troppi altri fratelli ambiscono al posto al sole. Solo le donne di FdI sono più misurate, sobrie (Rauti, Lucaselli, Ferro potrebbero ambire).

L’altro cruccio riguarda i tempi della democrazia. Prima del 13 ottobre non si riuniscono le Camere. Prima del 17 non iniziano le consultazioni, al Colle. Prima del 20 il governo non c’è. Molti “accorpamenti“ stanno già prendendo piede: il posto oggi di Colao (l’Innovazione tecnologica) tornerà dentro il Mise, pare l’energia pure. La Transizione ecologica sparirà. Gli Esteri e la Difesa acquisteranno più peso. Tesoro e Bilancio verranno, così pare, scorporati. Una rivoluzione che comporterà prezzi salati. I capi di gabinetto, le strutture, gli interna corporis , quelli che "Io sono il Potere", oppongono già forte resistenza. Meloni sa che lì si giocherà una partita assai dura. Poi, il 20/21 ottobre, il turning point ineludibile. Da un lato, si terrà un Consiglio Ue che, dopo il fallimento dell’ultimo, tornerà a discutere del price cup al prezzo del gas. Dall’altro, è la data in cui la nuova manovra economica va presentata a Bruxelles. In teoria, il governo Meloni, ci sarà, ma conviene che ci sia e ci vada, da “neonato“? Potrebbe non esserci, ecco, ma per scelta oculata.

Meloni potrebbe prendersi qualche settimana in più. Lasciare che, in Europa, per l’Italia parli Draghi. Sarebbe un regalo. Ma il “patto“ con Draghi c’è?