"Mia madre fu rapita, io combatto per la libertà"

Ivan Luca, 30 anni, russo, fu adottato da Alessandra Sgarella. Oggi si è arruolato con gli ucraini lasciando la carriera di calciatore

Ivan Luca Vavassori e la mamma adottiva Alessandra Sgarella

Ivan Luca Vavassori e la mamma adottiva Alessandra Sgarella

Nei lunghissimi e duri giorni di prigionia, sulle montagne della Locride, Alessandra Sgarella (moglie di Piero Vavassori e figlia del fondatore della Italsempione, azienda di trasporti internazionali) si era aggrappata alla speranza di poter vedere quel bambino, Ivan, nato in Russia, che proprio pochi giorni prima di essere rapita l’11 dicembre 1997 aveva saputo di poter adottare. Al suo Ivan, che allora aveva 5 anni, scriveva lettere e fiabe, racconti che parlavano di un mondo tutto bello, un mondo dove tutti vivevano in pace. Fiabe che Alessandra Sgarella ha poi raccontato allo stesso Ivan quando è arrivato in Italia ed è stato adottato col nome di Luca Vavassori. Sentimenti e valori, assieme a una matura fede cristiana, che Ivan Luca ha saputo interpretare in tutti questi anni e che sono alla base della scelta che lui, di origini russe (è nato in una cittadina a 60 chilometri da Mosca), ha maturato andando a combattere a fianco del popolo ucraino in questa – come sostiene in uno dei tanti video pubblicati sui social – "che è una guerra che non è solo degli ucraini, ma di tutto il mondo".

Ivan Luca Vavassori ha 30 anni. Dopo l’adozione è sempre vissuto con i genitori – il padre era diventato anche presidente della Pro Patria –, giocando a calcio, dal 2003 al 2018. Come portiere ha indossato le maglie dell’Alcione, della Pro Patria, del Bra, del Legnano e del Vittuone. "Non salverò il mondo – scriveva il 5 marzo quando era in aeroporto, pronto a partire per la Polonia –, ma posso salvare delle vite o perderla intentandolo". E poi ancora. "Gli ucraini combattono per qualcosa di diverso da noi: noi siamo venuti qui per aiutarli, perché la guerra non esca da qua e non arrivi in Europa, mentre loro proteggono le loro case e le loro famiglie".

Era partito dalla Bolivia dove si era trasferito negli ultimi tempi. Nei giorni successivi Ivan Luca ha pubblicato dei video in cui raccontava di essersi unito con un gruppo di altri giovani provenienti da diverse nazioni. Nel suo gruppo si è subito distinto. Lo chiamano comandante Rome (aquila nera). "Il titolo di capitano me lo sono guadagnato sul campo, non facendo finta di studiare o grazie a nonno o papi dell’esercito. Mi chiamano Rome, aquila nera". Da due giorni però non arrivano più suoi messaggi. Negli ultimi raccontava che il suo gruppo, che si era stabilito dalle parti di Kiev, si sentiva circondato "perché le forze nemiche arrivano da tutte le parti, ci stanno bombardando, non tanto con la fanteria ma bombardandoci ovunque. Stiamo cercando di rispondere da lontano, per il resto abbiamo avuto un po’ di scontri, qualche morto loro, dei nostri fortunatamente solo due feriti". In tanti aspettano di rivederlo in video, per sapere che è ancora vivo.