Pensioni: ok a quota 103, penalizzate quelle alte. Opzione donna legata ai figli

Le minime saliranno a 600 euro. Confermata l'ipotesi di uscita dal lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi

Roma, 22 novembre 2022 La novità arriva a sorpresa a fine serata. Le pensioni minime saliranno a 600 euro invece degli attuali 523. Nessuna sorpresa invece per Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) per lasciare il lavoro dal prossimo primo gennaio. Ma, sul piatto opposto della bilancia, peserà la stretta sulla rivalutazione degli assegni per i trattamenti previdenziali più alti con tagli anche di 70-100 euro.

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Il pacchetto previdenza per il 2023 porta con sé anche un’altra novità. 'Opzione donna', l’anticipo della pensione per le lavoratrici con almeno 35 anni di contributi, che in manovra sarà prorogato di un anno, sarà anche legato al numero di figli. Potranno uscire a 58 anni le lavoratrici con due o più figli, a 59 chi ha un figlio e a 60 chi non ne ha. Un’ulteriore applicazione della politica per incentivare la natalità voluta da Meloni. A spingere per l’incremento dei trattamenti minimi, invece, è stata soprattutto Forza Italia che da mesi, con Silvio Berlusconi, ipotizza addirittura il traguardo dei 1.000 euro. Meta che vede un avvicinamento con un incremento significativo di oltre 75 euro mensili per chi percepisce gli assegni più bassi. A finanziare l’operazione sarà la frenata sull’aumento delle pensioni in relazione all’impennata dell’inflazione. Potrebbe valere circa 1,5 miliardi se si riducesse, come emerge dalle ultime indiscrezioni del Consiglio dei ministri, il recupero dell’inflazione dal 75% al 50% per le pensioni superiori a cinque volte il minimo, cioè a 2.621 euro lordi al mese. Ma potrebbe anche superare i tre miliardi se alla fine si dovesse arrivare al 50% anche per la perequazione delle pensioni tra le quattro e le cinque volte il minimo (tra i 2.097 euro e i 2.621). Ci si potrebbe fermare al 75 per cento, se si decidesse il taglio netto sull’intero assegno.

I risparmi sarebbero minori se il taglio si facesse solo per la parte di pensione che eccede i 2.097 euro, in pratica applicando una franchigia per la parte di pensione fino a quattro volte il minimo: si risparmierebbe così 1,45 miliardi. Nel caso della misura limitata ai redditi da pensione superiori ai 2.097 euro al mese resteranno comunque tutelati quasi tre pensionati su quattro, ma quelli che saranno colpiti dalla misura avranno una penalizzazione consistente a fronte di una perequazione calcolata dal Mef per il 2023 che al 100% vale il 7,3%.

In caso di taglio dal 90% al 50% del recupero dell’inflazione per le pensioni tra le quattro e le cinque volte il minimo un assegno da 2.400 euro lordi avrebbe un recupero di circa 87 euro invece che di 157 euro con una perdita di 70 euro al mese. Per un reddito da pensione da 5mila euro (che ora ha una perequazione al 75%) il recupero sarebbe di 182 euro invece che di 273 con una perdita di circa 90 euro (con il taglio su tutta la pensione).