"Pochi ricoveri grazie alle monoclonali I no vax le rifiutano, poi accettano di curarsi"

Tacconi (Malattie infettive): "In ospedale i pazienti senza vaccino sono i più gravi ma ci sono anche persone con la seconda dose" "L’aumento dei casi non è dovuto solo alla Città di Natale, il virus è tra i giovani. Attenti alle feste, meglio fare un tampone"

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di Erika Pontini

L’ultima paziente positiva al Covid l’ha ricoverata ieri pomeriggio nel reparto di Malattie infettive che dirige: è una ragazza incinta alla 40esima settimana. Gli altri 15 vanno dai 45 ai 95 anni di età: 9 sono non vaccinati, 7 con la seconda dose e 1 anche con la terza mentre due sono positive ma senza sintomi Covid. Tre in Rianimazione, senza dose. Numeri bassi rispetto allo stesso periodo del 2020 quando l’ospedale scoppiava e, nonostante, la curva del contagio sia in salita con 119 casi anche ieri. "E’ merito dei vaccini", spiega il primario, Danilo Tacconi.

Anche persone con la seconda dose sono ricoverate e tra i contagiati la percentuale è alta. Perché?

"Lo abbiamo scoperto nella vita reale: dopo 4-5 mesi la protezione immunitaria tende a scendere. E’ necessario eseguire la terza dose che ha due indicazioni: far risalire le difese immunitarie e proteggere dalle complicanze di Omicron. Anche tra i ricoverati ci sono persone che ancora non erano riuscite a fare la terza. Poi c’è una donna anziana che invece aveva il ciclo completo ma è in dialisi e ha tante fragilità. E, comunque, sul 5-10 per cento non funziona. Nessun vaccino ha un’efficacia del 100 per cento".

C’è differenza tra non vaccinati e vaccinati?

"I non vaccinati sviluppano polmoniti con insufficienza respiratoria grave e vanno a fabbisogno di supporto respiratorio pesante, fino ad arrivare al casco, mentre i vaccinati arrivano con quadri meno impegnativi e un decorso più rapido".

Qualcuno rifiuta le cure?

"Non ci sono stati contrasti fino ad ora. Alcuni avevano rifiutato le monoclonali ma quando sono stati ricoverati si sono sottoposti alle cure".

E hanno avuto ripensamenti?

"Qualcuno, altri restano fermamente convinti. Ho chiesto loro: ’Ma se dovesse rinascere?’. ’Farei la stessa scelta’. Niente vaccino".

L’anno scorso quanti ricoveri avevate?

"A parità di numero di contagi, anche in Italia, un’ottantina di ricoverati in area medica e una ventina di Rianimazione. La differenza la fanno i vaccini. La gente deve anche capire che quando si parla di vaccini si tende a pensare che protegge da tutto, compresa la trasmissione dell’infezione. Con il Covid la necessità era evitare che le persone morissero, ci si ammalsse tanto da andare in ospedale e si impegnasse il sistema sanitario che deve rimanere libero anche per altre patologie".

Eppure ad Arezzo avete meno casi che in realtà analoghe. Merito delle monoclonali?

"A ieri siamo a 680 pazienti trattati da fine marzo: questo è uno dei motivi per cui Arezzo, in questa fase, ha avuto meno ricoveri. Quello che stiamo facendo con le monoclonali è un percorso virtuoso ospedale-territorio: le Usca ci segnalano i casi da trattare e una squadra si occupa della somministrazione".

Preoccupato per Omicron? Se aumentano i contagi, salgono i ricoveri...

"Si diffonde di più ma dai primi studi l’impatto di patogenicità, in termini di complicanze, non sembra così importante. E’ tutto da vedere. Perché se i casi raddoppiano l’impatto sul sistema sanitario diventa importante".

Omicron ’buca’ le monoclonali?

"Uno di quelli che usiamo (Gsk) sembra funzionare ma ancora non l’abbiamo testato. Il problema è il sequenziamento della variante per cui servono tre giorni e le monoclonali vanno somministrate entro 7 giorni dai sintomi. Piuttosto dinanzi a Omicron bisogna serrare i ranghi".

In che modo?

"Intensificare l’isolamento e il tracciamento degli infetti e dei contatti in maniera pesante. Finchè i numeri ce lo consentono meglio esagerare e poi utilizzare i dispostivi di protezione".

Si sono allentate le misure...

"Sì, e pensando al sabato e domenica ad Arezzo dove ci sono 200mila visitatori se proprio bisogna fare una passeggiata meglio stare attenti e indossare sempre la mascherina. Con quel fittume di gente la distanza è impossibile da mantenere".

Contagi, colpa dei mercatini?

"Pensare che sia solo la Città di Natale no, abbiamo anche dati di un incremento importante nella fascia 0-18, quella scolastica. Quando un bambino si infetta amplifica la trasmissione. Per questo è importante che tutti vadano verso la vaccinazione. I pediatri sono concordi".

Natale a rischio?

"Un po’ di preoccupazione c’è: la promiscuità delle feste fa paura. Se si festeggia in famiglia, con persone anziane e fragili meglio un tampone".

In ospedale siete pronti, se i ricoveri dovessero salite?

"Abbiamo un reparto di 17 posti letto, più due Obi e altri 8 posti letto in cui adesso facciamo i monoclonali ma possiamo rapidamente convertire altri 40 posti. Speriamo di non arrivarci".

Altre armi?

"A breve arriveranno gli antivirali ma, a differenza delle monoclonali, devono essere somministrati entro i primi 5 giorni e quindi biosgna fare presto".

Tampone al primo raffreddore?

"I giovani no, i fragili sì".