Incubo covid: "Io, 13 giorni in una stanza con mia figlia. Vi racconto la mia odissea"

Clementina Addorisio parla della sua quarantena, tra notti insonni per prenotare il tampone e brindisi a distanza

Firenze, 3 gennaio 2022 - “Ci sono stati dei momenti di vero scoramento, in cui non vedi la luce in fondo al tunnel. Per carità, siamo rimaste sempre in casa e già questo ci rende fortunate, però posso dire che l’isolamento sia psicologicamente duro”. Clementina Addorisio, 46 anni, è una maestra. Per 13 giorni ha vissuto con sua figlia Marta, di 8 anni, in una stanza di venti metri quadrati. “Per fortuna abbiamo due bagni in casa”, sospira.

“Domani ho il tampone. Speriamo che segni la fine di questo incubo! Le prime cose che farò? Una passeggiata e…subito dal parrucchiere!”, ride. Tutto è iniziato lo scorso 14 dicembre, con la bambina che avvertiva una forte stanchezza. Quando è arrivata un po’ di febbre, subito è scattato il tampone. Il referto ha certificato la positività. “E anzi siamo stati fortunati perchè in quei giorni la situazione era sotto controllo sotto il profilo dei tracciamenti e della tempestività delle risposte”, sospira Clementina. Subito la famiglia si è divisa, pur vivendo sempre sotto lo stesso tetto. Mamma e figlia si sono rintanate nella camera matrimoniale, con bagnetto annesso. La nonna, l’altra figlia ed il babbo hanno continuato la loro vita nell’altra parte della casa.

Come avete trascorso le giornate? “Eh, ci siamo giostrate tra giochi da tavolo, compiti per le vacanze, letture film e tablet - allarga le braccia la mamma -. Non potevo far altro che allentare le consuete restrizioni in fatto di uso di dispositivi elettronici…”. All’inizio, Clementina, rimasta finora sempre negativa (“Le mie tre dosi di vaccino sono un esempio di quanto la vaccinazione funzioni”, ci tiene a sottolineare), ha indossato la mascherina. “Ma per mia figlia era una sofferenza”, scuote il capo. “Mamma, ma davvero hai paura di me?”, la implorava. Così, ha deciso di toglierla. “Già è stato grosso lo chock iniziale di fronte all’essere positiva…”.

Proprio il giorno di Natale Marta avrebbe dovuto fare il tampone di controllo. Ma nel frattempo la situazione dei contagi è precipitata. “Non sono riuscita a prenotare - racconta Clementina -. Alla fine, il tampone l’ha fatto il 27. Per fortuna era negativo. Il guaio però è che non arriva la certificazione di fine isolamento. Il sistema è preso d’assalto….”. La mamma ha passato nottate di fronte al pc per prenotare il tampone. “Quello del 27 me lo sono aggiudicato alle 3,30 di notte”, dice. I sacchetti rossi di Alia sono arrivati con una settimana di ritardo. E non è stato certo piacevole dover trattenere i rifiuti sempre nella solita stanza.

La vigilia e il giorno di Natale sono stati “particolarmente duri”. “Abbiamo sempre mangiato in disparte - allarga le braccia la signora -. I regali però non sono mancati. Purtroppo, abbiamo dovuto ricorrere ad Amazon. Mio marito ha fatto i pacchetti e li ha messi fuori dalla porta. A capodanno, invece, dopo un brindisi a distanza mi sono ricollegata per tentare di fissare il mio tampone”.

Durante le lunghe giornate di isolamento, “una ventata di gioia me l’hanno portata gli amici ed i miei alunni, che sono venuti sotto la nostra finestra a salutarci - ricorda la maestra -. Ci hanno riempito di letterine e di dolci. È stato emozionante. Poi, certo, le videochiamate ci hanno aiutato. Ma nonostante tutto ci sono stati dei momenti di grande sconforto. Personalmente mi sento un po’ avvilita. Non immaginavo un simile peggioramento della situazione. Conosco tantissime persone in quarantena. L’unica cosa che rincuora è vedere che gli effetti di Omicron paiono essere più leggeri. Speriamo davvero che si riesca a sconfiggere questo maledetto virus”.