Roma, 5 aprile 2021 - Vaccini anti Covid e varianti del virus. In Italia va avanti la campagna di immunizzazione ma, mentre si attende l'arrivo del quarto siero approvato dall'Ema (quello di Johnson&Johnson), ci si interroga anche sull'efficacia e la protezione che questi vaccini offrono di fronte alla mutazioni del Coronavirus. Proviamo dunque a fare il punto di quello che sappiamo finora.
Covid oggi: i dati del bollettino del 5 aprile
Quali sono le varianti del Covid in Italia?
Al momento la variante inglese del virus Sars-Cov-2 è la più diffusa e contagiosa. Nove volte su dieci (86,7% dei casi di sindrome da Covid-19 in Italia) sono provocati da questo ceppo di coronavirus portatore della mutazione UK, dati dell'Istituto superiore di sanità elaborati con gli epidemiologi della Fondazione Bruno Kessler. In Italia circolano altre due varianti, la brasiliana e la sudafricana, e in misura minore la B.1 525, cosiddetta variante nigeriana, più tantissime altre forme con mutazioni puntiformi, ovvero con minime differenze rispetto ai gruppi geografici prevalenti.
Ma come si spiegano tutte queste varianti?
"Oggi come oggi - afferma Carlo Federico Perno, responsabile della Microbiologia nell'Ospedale Bambino Gesù di Roma - parliamo di variante brasiliana, sudafricana, inglese, ma in realtà ormai abbiamo figli e nipoti di queste varianti, perché il virus continua a cambiare, ad adattarsi diversamente nelle determinate aree geografiche, perché la genetica delle persone fa la differenza. Non dimentichiamo che è accaduto più o meno lo stesso nel caso dell'HIV - ha precisato Perno in occasione dei colloqui A/Way Together di Janssen - per il quale abbiamo un virus nelle aree dell'Europa occidentale e dell'America che è diverso da quello africano''.
Per quanto siamo protetti con il vaccino?
Le sperimentazioni cliniche di Fase 3 del vaccino anti Covid a mRna prodotto da Pfizer/BioNTech hanno confermato, in occasione di controlli a sei mesi, che il vaccino continua a fornire una valida protezione, e dopo la somministrazione della seconda dose e ha un'efficacia del 100% contro la variante sudafricana del coronavirus (B.1.351). La protezione potrebbe durare anni, ha dichiarato Scott Hensley, immunologo presso l'Università della Pennsylvania (Usa) che ha studiato vaccini a mRNA del tipo Pfizer e Moderna: “Abbiamo livelli di anticorpi elevati e c'è una protezione significativa anche nei confronti delle varianti”.
Che cosa sono i vaccini a vettore virale?
L'immunologo Andrea Cossarizza dell'Università di Modena e Reggio spiega che il vaccino di AstraZeneca e di Johnson&Johnson, analogamente a quello ancora in sperimentazione in Italia della Reithera, (e come il russo Sputnik V) è un vaccino che impiega un vettore ricombinante, ovvero un virus non replicante simile a quello del raffreddore, per portare al sistema immunitario l'informazione che codifica la proteina Spike del Sars-Cov-2, necessaria per produrre anticorpi neutralizzanti.
Perché è bene monitorare le mutazioni?
Nel contesto italiano la vaccinazione non ha ancora raggiunto coperture sufficienti. Particolare attenzione va riservata per evitare che si facciano strada nuove varianti a maggiore indice di trasmissibilità. Con la variante inglese, ad esempio, l'indice di letalità raddoppia, passando da due a quattro su mille casi non vaccinati.
Chi ci assicura che il vaccino ci protegge?
Lo ha ribadito recentemente Pierluigi Viale, direttore delle malattie infettive del Policlinico Sant'Orsola di Bologna, tra i relatori di una conferenza online sui vaccini anti-Covid organizzata dalla Società medico chirurgica. Secondo uno studio israeliano citato dall'infettivologo, su un milione di persone vaccinate si sono registrate solo cinquemila infezioni, tutte con carica virale bassissima, "praticamente non infettanti" dopo 14 giorni dalla prima somministrazione. Nessun caso grave, invalidante o letale. Quindi, il vaccino protegge al 100% dal rischio di infezioni a esito infausto, e tutela anche gli altri. Questi dati dovrebbero essere sufficienti per convincere anche gli scettici o le persone riluttanti.
Perché nel Regno Unito stanno programmando la terza dose?
Si pensa che il nuovo Coronavirus diventerà endemico, cioè riemergerà ciclicamente a ondate come un'influenza, per questo nel Regno Unito, dove sono molto avanti nella profilassi, stanno pensando di organizzare ogni anno in autunno una vaccinazione antinfluenzale a tappeto combinata con la vaccinazione anti-Covid (la cosiddetta terza dose), impiegando un vaccino aggiornato alle ultime varianti in circolazione, proprio come avviene con il virus dell'influenza che si ripresenta ogni anno e puntualmente cambia, richiedendo ogni volta nuove formulazioni di vaccino. In Italia sarà un'impresa arrivare a superare la soglia del 50% della popolazione vaccinata entro il prossimo ottobre, in modo da ridurre la circolazione del virus grazie all'immunità di gregge.
Perché medici e infermieri devono essere tutti vaccinati?
Marcello Tavio, presidente Simit (Società italiana malattie infettive) raccomanda la vaccinazione obbligatoria a tutti i sanitari: medici, infermieri e personale esposto per giustificati motivi assistenziali. I provvedimenti previsti dal decreto del Governo sono necessari, spiega l'infettivologo, al fine di tutelare l'incolumità personale azzerando nel contempo il rischio di trasmettere l'infezione a terzi. La campagna di vaccinazione degli operatori sanitari si è svolta finora con regolarità, elevata adesione e ottima copertura; ma l'obiettivo resta quello di avere tutto il personale sanitario senza eccezioni.
Davvero sarà possibile vaccinarsi in farmacia?
Si stanno studiando nuove forme per velocizzare le vaccinazioni e distribuirle in maniera più capillare moltiplicando i punti di somministrazione, e per questo il ministro Roberto Speranza ha firmato l'accordo sulle vaccinazioni in farmacia. La procedura sarà affidata a farmacisti volontari abilitati, escludendo le persone vulnerabili o soggette a reazioni allergiche comprovate.
Come agisce il vaccino?
Tutti i vaccini sono iniettati nel muscolo deltoide, e il loro contenuto viene intercettato e inglobato dalle cellule dendritiche specializzate che circolano dal sangue ai tessuti portando l'informazione della proteina Spike al sistema immunitario, che reagisce. I linfociti B cominciano a produrre anticorpi, mentre i linfociti T contribuiscono a formare una sorta di memoria immunitaria. Tutti i vaccini, che siano a Rna o a Dna, oppure costituiti da proteine o da virus inattivati, mettono in moto una cooperazione tra cellule diverse che tutte insieme producono le difese immunitarie.