Covid, variante inglese: cuore a rischio per cani e gatti?

Secondo uno studio (ancora in attesa di revisione) la variante B.1.1.7 del Coronavirus potrebbe esporre i nostri animali domestici a dei rischi in più

Covid-19 in Toscana

Covid-19 in Toscana

Pochi giorni fa è stato scoperto in Italia il primo gatto positivo alla variante inglese del Coronavirus. La notizia è stata commentata dagli esperti con toni rassicuranti: lo sfortunato micio sarebbe stato infettato dai padroni (ora in fase di guarigione), ma non ci sono prove scientifiche che gli animali domestici possano a loro volta passare il Covid-19 agli esseri umani. La questione fa sorgere tuttavia interrogativi sulla salute dei nostri amici a quattro zampe, soprattutto alla luce di un recente studio britannico in attesa di peer review, secondo cui la variante B.1.1.7 di SARS-CoV-2, dominante nel Regno Unito, potrebbe causare problemi cardiaci nei cani e nei gatti. La ricerca è stata condotta da un team di veterinari, che tra dicembre 2020 e febbraio 2021 ha osservato un aumento degli episodi di miocardite tra i cani e i gatti curati presso il Ralph Veterinary Referral Centre (RVRC) di Londra. L'incidenza è balzata in modo inaspettato dall'1,4 al 12,8%, un dato 10 volte superiore al normale. "Questa improvvisa ondata di casi sembrava imitare la curva e la cronologia della pandemia di Covid-19 nel Regno Unito, legata alla variante B.1.1.7", si legge nel preprint. Nonostante il campione limitato (18 animali in tutto), gli studiosi hanno ritenuto che la coincidenza meritasse ulteriori approfondimenti. Ad insospettirli è stato anche il fatto che nessuno degli animali affetti da miocardite presentava disturbi respiratori primari, ma la maggior parte dei loro padroni aveva sperimentato sintomi riconducibili al Covid nelle 3-6 settimane precedenti, con cinque situazioni di positività conclamata. I veterinari hanno raccolto dei campioni di sangue ed eseguito dei tamponi molecolari su sei gatti e un cane, oltre a dei test sierologici su altri quattro pazienti (due cani e due gatti). Dai referti sono emerse tre positività alla variante inglese B.1.1.7, mentre altri tre animali avevano sviluppato anticorpi specifici contro Sars-CoV-2. Molto significativo il fatto che se si considerano solo i cinque padroni risultati positivi, quattro animali avevano a loro volta contratto il virus. "Non vogliamo diffondere inutilmente il panico, soprattutto perché al momento abbiamo un forte sospetto di trasmissione da essere umano ad animale domestico, ma non viceversa", ha ribadito il primo autore dello studio Luca Ferasin, cardiologo del RVRC. Con tutte le cautele del caso (lo studio deve ancora essere sottoposto a revisione paritaria), secondo i ricercatori questi risultati preliminari suggeriscono l'importanza di "rafforzare la sorveglianza sulle infezioni animali provocate dalla variante inglese, quella sudafricana e la brasiliana, come parte della risposta alla pandemia globale".