Green pass falsi, il dottor Rossi conferma la confessione

Il medico ha ribadito quanto aveva detto ai carabinieri il giorno dell’arresto: per questo gli sono stati concessi i domiciliari

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Il dottor Giuseppe Rossi ha lasciato ieri mattina il carcere di Montacuto ad Ancona per fare rientro nella sua abitazione ad Ascoli dove resterà agli arresti domiciliari. Una misura cautelare più tenue rispetto al carcere, sollecitata dallo stesso pm capo Umberto Monti dopo un mese esatto di detenzione. Una piena confessione è all’origine della decisione del magistrato che il giudice per le indagini preliminari Annalisa Giusti ha accolto. Non è stato quindi necessario che a presentare l’istanza fossero gli avvocati Lavinia Tarli e Umberto Gramenzi che difendono il medico ascolano che per questa vicenda si è visto sospendere dall’Ordine dei Medici e dall’Area vasta per la quale svolgeva funzioni di medico di famiglia e si era assunto il compito di somministrare vaccini anti Covid. L’interrogatorio si è svolto giovedì mattina. Rossi è stato sentito dal pm Monti che si è collegato col carcere di Ancona dove con Rossi c’era l’avvocato Gramenzi. Il medico ascolano si è sottoposto spontaneamente all’interrogatorio durante il quale ha confermato quanto messo a verbale la mattina dell’arresto operato il 4 gennaio dai carabinieri che si sono presentati a casa sua sequestrando, fra le altre cose, 6.800 euro in contanti divisi in buste. Quella mattina si è liberato da un peso che portava dentro confessando immediatamente i suoi errori; è stato redatto quindi un verbale nel quale ha scritto di aver favorito l’ottenimento del Green pass fasullo a persone che per lo più gli erano state presentate da Maurizio Strappelli, anche lui arrestato e posto fin da subito ai domiciliari perché ritenuto l’intermediario. Rossi disse ai carabinieri anche che per ogni ciclo completo di finte vaccinazioni percepiva la somma di 100 euro da lui stesso indicata a Strappelli come congrua, nonostante – aggiunse – gliene fossero stati offerti anche 200.

Rossi è accusato di peculato, tentata truffa e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale; quest’ultimo reato è contestato in concorso anche a Strappelli e agli altri 72 pazienti che avrebbero pagato per ottenere il Green pass senza sottoporsi a vaccinazione. Alla luce dell’interrogatorio reso da Rossi, a tutti ora la Procura potrebbe contestare anche l’accusa di corruzione di pubblico ufficiale per atto contrario ai doveri d’ufficio o corruzione di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. L’esatta configurazione del reato farà la differenza: la corruzione di pubblico ufficiale per atto contrario ai doveri d’ufficio prevede infatti una pena che va da un minimo di 6 a un massimo di 10 anni di reclusione; per la corruzione di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni la pena è da 3 a 8 anni. Il reato di falso ideologico prevede una pena da 1 a 6 anni.

Peppe Ercoli