Porto, un terzo braccio per riconnetterlo alla città

Il gruppo di lavoro punta su un’infrastruttura ad alto potenziale: se da lato c’è il nodo dragaggio, dall’altro c’è quello del turismo e del recupero

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Si è riunito ieri il gruppo di lavoro informale che sta seguendo l’iniziativa di realizzazione del terzo braccio al porto. L’equipe, a cui era stato dato l’incarico di redigere una relazione sugli indirizzi da seguire per portare avanti un’opera del genere, ha raggiunto le sue conclusioni, che sono state messe nero su bianco e che nei prossimi giorni verranno consegnate nelle mani del sindaco Spazzafumo e della giunta. Questi, a sua volta, dovrà presentare la relazione all’Autorità Portuale in modo tale che questa abbia in mano le richieste di San Benedetto per lo sviluppo del proprio litorale. Ma quali indicazioni contiene la relazione sul porto? Se i dettagli verranno svelati nelle prossime settimane, è chiaro che il gruppo ha orientato il proprio lavoro su due assi specifici: da una parte la sicurezza, dall’altra il turismo.

Da un lato, quindi, gli esperti spronano l’Autorità a concretizzare un’opera di dragaggio che in quanto a tempi e soprattutto a modalità restituisca una certa sicurezza alla riviera. Il senso è che finora, al largo del porto sambenedettese, non si sono verificati incidenti gravi: un domani, però, si potrebbe avere bisogno di garanzie ben più solide di una cassa di colmata per il semplice deposito dei sedimenti. A tal proposito, nei mesi passati si parlò anche di eco-dragaggio, attraverso macchinari in grado di aspirare materiale dai fondali e trasferirli dove potrebbero essere utili al ripascimento della costa. L’altro grande aspetto su cui lavorare sarà la ‘vocazione’ del terzo braccio: un’infrastruttura che si vorrebbe rendere ad uso turistico-ricettivo. In questo senso le idee potrebbero essere tante: fra queste, ad esempio, potrebbe figurare l’inserimento di specifici magazzini espositivi, oppure moduli per convegni. In tal senso, i modelli che potrebbero tornare utili sono innumerevoli, dal tradizionale ‘Quincy market’ di Boston ai moderni saloni di Genova: storia e cultura locale dovranno integrarsi con un’area dedicata alla ricerca e al recupero ambientale. Sotto il segno dell’integrazione, poi, il terzo braccio dovrà coesistere ed anzi svilupparsi senza soluzione di continuità con il resto della città: il paradigma da ribaltare è appunto che il porto non sia parte di San Benedetto, ma una periferia sconnessa e marginale per gli equilibri dell’economia rivierasca. L’idea è quindi di conferire al porto futuro una forte caratterizzazione, evitando la tentazione di farlo entrare in competizione con le infrastrutture di Ancona e Ortona, ferrate nell’interscambio merceologico. Prima di fare tutto questo, comunque, la relazione consiglierà proiezioni preliminari sull’impatto economico e ambientale (ad esempio, studi delle correnti) per corroborare le tesi di partenza.

Giuseppe Di Marco