Don Angelo, il prete guerriero

La lettera. Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Bologna, 10 agosto 2019 - Sono cattolico fervente praticante. Vedo sacerdoti in ‘borghese’ e senza un minimo segno di riconoscimento. Soprattutto giovani presbiteri vestono con jeans, maglietta e scarpe da ginnastica. Molti vagano per la chiesa con abiti sciatti o in maniche di camicia al confessionale. Le suore, i monaci, i soldati, i carabinieri, i medici, gli infermieri hanno la loro divisa. Non capisco perchè i preti non usino la veste talare o il clergyman.  Marco Larici, Pesaro​

Risponde il condirettore de 'il Resto del Carlino', Beppe Boni

Ci sono sacerdoti ben vestiti secondo i canoni religiosi che non sanno pascolare le anime come vorrebbe il Signore. Verrebbe da dire che l’abito non fa il monaco. Certo, l’abbigliamento è necessario, rispettoso dell’appartenenza a una categoria. Per un carabiniere è fondamentale, per un prete no. Meglio se un sacerdote indossa il clergyman, ma in caso contrario non deve destare scandalo. Ci sono preti per i quali valgono le azioni e le situazioni. Sere fa a Milano Marittima ho incontrato in un dibattito Don Angelo Pansa, un missionario saveriano la cui vita è stata una avventura non proprio secondo i canoni religiosi classici. Lo scrittore Valerio M. Manfredi ha trasformato il suo diario in un romanzo. Don Angelo, 87 anni ben portati, occhi azzurri come il cielo, dal 1964 al 1966 in Congo durante la guerra civile guidò un plotone di mercenari disposti a tutto, il Quinto commando, alla liberazione di preti e suore che sarebbero stati uccisi dai Simba. Ne salvò mille. Don Angelo visse come un guerriero, guidava i raid dei mercenari armato di mitra. E’ un uomo eccezionale. L’altra sera al dibattito vestiva da sacerdote.  beppe.boni@ilcarlino.net

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