Blu, Rosa, Viola. La Giustizia non entri nell’intimità dei nomi

La lettera. Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Bologna, 25 maggio 2018 - Un certo rilievo ha suscitato la vicenda di quei genitori che per dare nome ‘Blu’ alla loro bambina hanno dovuto affrontare il giudizio della magistratura. Ora, non essendo lecito entrare in fatti così intimi penso che ogni genitore abbia il diritto di dare il nome che preferisce ai propri figli, tenendo presente, però, che quel nome non deve comportare motivo di disagio. Mauro Chiostri, Bologna 

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Nell'epoca in cui un bambino può avere due papà o due mamme sposati fra di loro, dove le coppie omossessuali si forniscono di neonati all’estero con l’utero in affitto,e dove il riconoscimento dell’identità di genere, maschile e femminile, è sempre più complicato, una Procura impegna il proprio tempo ad impedire che una bambina possa chiamarsi Blu, un nome gioioso. Corre voce che tutte le Rosa e Viola a scopo precauzionale si siano rivolte ad un avvocato. Non si sa mai. E Andrea è un nome pericolosissimo. Maschile o femminile? Una mia amica e un collega che si chiamano così non hanno mai provato disagio. La loro vita di professionisti affermati viaggia piacevolmente. La Giustizia, se è tale, non dovrebbe entrare nell’intimità di un nome che racchiude spesso la dolcezza di un ricordo o di una situazione. Siamo tutti Blu, la vita è a colori.  beppe.boni@ilcarlino.net  

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