Il senso d'impunità

Bologna, 25 aprile 2019 - I cittadini (tutti noi) hanno la testa dura. Non comprendono, nonostante raffinate motivazioni e ore di dibattito in Tribunale, certe sentenze. Tipi strani, in effetti, i cittadini. Subiscono un torto, con la certezza di chi lo ha commesso, e pretendono pure che ci sia una condanna. Se il danno è lieve, pensa talvolta il magistrato, si chiude subito la partita con una assoluzione. Così non si perde tempo con il rischio di pene da applicare, risarcimenti da richiedere e noiose altre code giudiziarie. Pena lieve, giusto per certificare che chi rompe paga, magari poco, ma paga?

Ma no, meglio assolvere e tanti saluti a tutti. I proprietari delle sedici auto danneggiate nel quartiere Esquilino a Roma da tre allegre turiste, due francesi e una belga, sono convinti che le antenne rimosse e i tergicristalli spezzati, siano un danno grave, per il costo e per la rabbia di aver subito un torto. Gente strana, appunto.

«Lieve entità», dice invece il magistrato che ha assolto le tre simpatiche turiste. Punti di vista diversi, insomma. Forse non ripeteranno il gesto, ma le esuberanti signorine hanno ricevuto un messaggio chiaro: a Roma con qualche bravata ci si diverte di più e si possono danneggiare le auto per divertimento. Tanto non succede nulla.

Siamo un Paese accogliente, con migranti e turisti. C’è da meravigliarsi anche dei carabinieri, gente perbene di solito, che hanno perso tempo ad arrestare per furto e danneggiamento il terzetto e hanno sciupato un paio d’ore a compilare verbali. Tempo che potevano impiegare meglio a pattugliare la Capitale del sindaco Raggi. Che ne ha bisogno. Se fosse successa la stessa cosa a tre studenti italiani in Francia probabilmente sarebbe finita diversamente. Indovinate come.

Nel dubbio la magistratura sposa spesso la posizione del più «debole», cioè l’imputato. Come in certi casi di spaccio di droga: a Bologna la Corte d’appello ha assolto (cancellando la precedente condanna) un giovanotto che deteneva 153 dosi di hashish. Motivazione: «tenuità del fatto». Qui la vittima è la società che, almeno direttamente, non si lamenta. Vai a capire l’applicabilità del codice di procedura penale, pieno di possibilità per tutti. Più per gli imputati che per le vittime. Ma il cittadino si ostina a non comprendere, invoca il buonsenso a tutti i costi.

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