Bologna, 21 luglio 2021 - Matteo Professione, il rapper Ernia, si esibisce stasera al Sequoie Music Park (alle 20.30, biglietti su ticketone.it), tappa del suo tour estivo.
Matteo, che effetto fa a un rapper di 28 anni tornare sul palco? "In effetti vengo da un fine settimana pieno zeppo di eventi ed è stato bellissimo. E’ un’altra vita rispetto a qualche mese fa. Poi, ovvio, non è come prima della pandemia, ma intanto è una boccata d’ossigeno".
Che rapporto ha con Bologna? "Oserei dire che per la mia generazione è tutto, perché chi ama Hip-Hop e rap è cresciuto con la scena bolognese, dai Sangue Misto a Inoki, fino a Club Dogo. Fino ai primi 2000 è stata una specie di terra di mezzo, un terreno franco: questo ha creato un movimento artistico attivissimo. Per me è mitologico esibirmi qua".
L’importanza dei live è tanta? "Io non ho mai pensato di essere il miglior performer italiano, ma è fondamentale stare sul palco. Lo sento molto, se sbaglio – e capita – mi arrabbio, ci tengo a essere preciso e cerco di lavorare per migliorare".
Ora la situazione virus, però, fa di nuovo preoccupare. "Terribile. E’ diventata quasi una routine leggere i numeri del bollettino e tutte le date del tour invernale sono saltate. Per ora cerchiamo di goderci il momento, è difficile fare programmi nel medio o lungo periodo, in attesa di capire cosa vorrà fare il governo con l’accesso a locali e discoteche".
Il mondo dello spettacolo non ha avuto la giusta priorità durante l’emergenza? "Assolutamente no".
Mentre lei come ha vissuto il lockdown? "Ormai sembra che tutti siano molto più irascibili, più impazienti rispetto a prima del Covid. Personalmente ho sofferto il fatto di avere visto venire meno uno scambio quotidiano e continuo, oltre che costruttivo, con amici, colleghi, collaboratori. Io incontro tante persone, ma esco soprattutto la sera: uno young adult , diciamo (ride, ndr). E quando non riesco a esprimere nei testi la mia vita, anche perché nell’ultimo anno è difficile definirla vita… ".
Tematiche? Qualche nuova ispirazione? "Adesso sto lavorando al prossimo disco, cercando anche di attingere da generi e artisti diversi per interiorizzare ambientazioni, suoni, immagini diverse".
Non restare immobili. "Tiro sempre in ballo Baudelaire, ma mi viene naturale. Penso che se non avesse scritto I fiori del male, non avremmo scoperto tantissime altre opere stupende, come le lettere alla madre".
Oggi cosa porta sul palco? "Tutto, da No Hooks (l’album di esordio, ndr) a Gemelli (l’ultimo lavoro, ndr). Una sorta di live di sviluppo, come un percorso a ritroso nella mia carriera. Gemelli per me è stato un punto di arrivo, un riconoscimento da parte di tutti e non solo del mondo ‘urban’. Per me è tutto".