Antonioli rientrato dal Perù L’ambasciata: "Assistito a dovere"

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Con l’atterraggio all’aeroporto Marconi del volo Roma-Bologna, domenica scorsa alle 14,30, è terminata la vacanza forzata di Fabrizio Antonioli (nella foto), il dipendente dell’Alcisa di Zola Predosa rimasto bloccato a Huanchaco (cittadina a più di 500 chilometri a nord di Lima, capitale del Perù) dal 15 febbraio scorso a causa della quarantena per la pandemia Covid19.

"Da oggi (ieri per chi legge, ndr) sono a casa – racconta Antonioli –, in attesa di capire che tipo di controlli medici bisogna fare. Nessuno mi ha imposto una quarantena anche in Italia. Non vedo l’ora di riprendere a lavorare nel reparto spedizioni dell’Alcisa. In Perù Sono stato sempre bene, mai avuto dei problemi, anche se la tensione era alta. Per un colpo di tosse sono finito in prima pagina di un giornale locale con il sospetto di aver preso il Coronavirus. Ad un altro turista che soffriva d’asma un peruviano ha sparato con la pistola. Per fortuna non l’ha colpito". Dopo più di quattro mesi, il rientro tanto agognato.

"Alla fine – rivela Antonioli – per tornare in Italia mi è toccato spendere 749 dollari (667 euro)".

All’ambasciata italiana a Lima non sono stati con le mani in mano, anche nel caso di Curcio. "In questi mesi di lockdown – sottolinea il console Paolo Tonini – con l’ambasciatore Giancarlo Curcio abbiamo organizzato ben sette voli per far rientrare duemila italiani dal Perù. Di questi ben 150 erano emiliani, molti provenienti dalla provincia di Bologna. Nel volo che ha riportato a casa Antonioli c’erano anche numerosi casi umanitari. Il costo dei biglietti di ritorno è sempre stato in linea o inferiore a quello praticato da altri paesi dell’Unione europea. Tutti i connazionali in Perù, sia residenti sia temporanei, hanno avuto e stanno avendo ascolto e assistenza dall’ambasciata".

Nicodemo Mele

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