Apre la sezione nido in carcere Due bimbi alla Dozza con le mamme

Alla sezione nido della Dozza, inaugurato lo scorso 9 luglio, è arrivata una detenuta con a seguito una bimba di pochi mesi e c’è stato anche l’ingresso di un bimbo di due anni figlio di una donna già in carcere. "A due mesi dall’inaugurazione, purtroppo apre il nido alla casa circondariale Rocco D’Amato", è il commento amaro del segretario nazionale della Uil Pa polizia penitenziaria Domenico Maldarizzi. "Tanta sorpresa e indignazione destò la notizia della madre che uccise i suoi due figli nel carcere di Rebibbia o ancora la notizia del parto di una detenuta avvenuto il 3 settembre scorso in una cella dell’infermeria, sempre del carcere romano di Rebibbia. Sentimenti che – ha sottolineato il sindacalista Mladarizzi –, almeno a parole, manifestarono tutti, dall’opinione pubblica, alla politica, ai governanti ma, come di solito avviene, calato il sipario si continua ad assistere a scene crudeli di bambini dietro le sbarre". La legge 62 del 2011 prevede misure alternative al carcere per le madri con figli fino ai sei anni di età, salvo esigenze eccezionali, ma per Maldarizzi "nonostante tutto ciò si continua a far vivere dietro lo sbarre bambini innocenti". Il segretario Uil Pa si augura quindi che "tale struttura venga utilizzata il meno possibile e che finalmente un giorno, magari prossimo, si arrivi a far scontare pene in strutture che assomiglino il meno possibile ad un carcere, affinché queste anime innocenti possano crescere in un ambiente ‘normalè e accogliente".

Come ribadito più volte anche durante l’inaugurazione degli spazi alla Dozza, nessuno tra garanti e rappresentanti delle istituzioni vede nelle due stanze, allestite comunque con tutti gli accorgimenti possibile, la giusta soluzione per la vita di mamme detenute con figli: bisognerebbe puntare su altre strutture esterne per evitare in ogni modo la presenza di bambini e bambine all’interno del carcere a partire dalle case-famiglia protette per detenute madri, in custodia cautelare o in espiazione di pena definitiva, ripartendo dai 4,5 milioni in tre anni previsti dalla legge di Bilancio 2021 che però, al momento, non sono ancora stati sbloccati.

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