MASSIMO SELLERI
Cronaca

Padre Marella è beato, Bologna in festa. Il Papa: "Sia modello per i preti"

In piazza Maggiore la cerimonia per il sacerdote che fondò la ’Città dei ragazzi’. Zuppi: "Tolse dall'inferno dell'abbandono gli orfani, cercando di dare loro un futuro"

Beatificazione di Padre Marella, messa in piazza Maggiore a Bologna

Beatificazione di Padre Marella, messa in piazza Maggiore a Bologna

Bologna, 4 ottobre 2020 - Padre Olinto Marella è beato e sarà celebrato il 6 settembre, giorno in cui ricorre la data della sua morte. Un'immagine del sacerdote sovrasta l'ingresso della Basilica di San Petronio a Bologna, a testimonianza che tutta la diocesi è in festa. A ricevere l'anima di don Olinto nell'elenco dei Beati è il cardinale Matteo Zuppi che ha ricevuto il mandato da papa Francesco dopo la dimissione del cardinal Becciu da prefetto della congregazione delle cause dei Santi.

"In occasione della visita del Santo Padre alla nostra città - ha spiegato il cardinal Zuppi - ci ha consegnato tre parole da mette al centro: pane, parole e poveri. Marella aveva raccolto in un unico gesto queste tre parole, offrendo in chiesa la colazione a tutti i poveri dopo la messa". Il tutto all'interno di una vita spesa a favore degli ultimi.

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"Nella sua vita bolognese ha cercato di togliere dall'inferno dell'abbandono gli orfani, cercando di dare un futuro a chi non aveva un orizzonte", ha aggiunto.

E questa mattina Papa Francesco, durante l'Angelus, ha aperto la giornata del padre dei poveri: "Oggi a Bologna c'è la beatificazione di don Olindo Marella, oriundo della diocesi di Chioggia, padre dei poveri e difensore dei deboli. Possa la sua testimonianza essere modello per tanti sacerdoti chiamati ad essere umili e coraggiosi servitori del popolo di Dio", le parole del Pontefice

Per approfondire Il cardinale Zuppi: "Ci indica il futuro" - Il programma della beatificazione

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"A don Marella siamo riconoscenti, per il suo impegno civico e per il suo insegnamento - ha detto il sindaco, Virginio Merola-. Bologna ha un futuro se non ha esclusivi, se tutti vengono accolti. Questa è la sua lezione speriamo di essere all'altezza".

Il rito in piazza, in stretto rispetto di norme anti Covid-19, è stato seguito da 1.500 persone, in posti limitati e distanziati, ed è stato trasmesso anche in streaming.

Durante la cerimonia, per la prima volta, è stata offerta alla venerazione dei fedeli una reliquia di Padre Marella: il manutergio, un fazzoletto di lino col quale don Olinto deterse le sue mani dall'olio santo al termine della sua ordinazionesacerdotale il 17 dicembre 1904.

Il reliquiario, realizzato con la tecnica del bronzo 'a cera persa', è opera dello scultore Luca Cavalca e riprende le parole del Salmo 'Judica' e sarà d'ora in poi collocato nella cattedrale di San Pietro. L'altare allestito per la Messa e posto sul sagrato di San Petronio è lo stesso utilizzato tre anni fa per la visita a Bologna di papa Francesco.

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Chi era Padre Marella

Già negli anni Trenta divide la sua casa con 10 piccoli bambini e da lì partirà un’opera che oggi può contare 11 comunità, situate tra Bologna e Ravenna, le quali si occupano di ospitare mamme con i loro figli, persone con disagi psichici o con problemi di dipendenza, anziani e chi ha la perso la casa.

"Tutto nacque rinunciando all’orgoglio" è la frase che don Olinto scrisse a papa Giovanni XXIII, quando il pontefice nel 1960 inviò l’offerta di un milione delle vecchie lire per contribuire alle tante attività del sacerdote. In effetti le risorse per sfamare i poveri e dar loro una casa arrivarono, e ancora oggi arrivano, dall’elemosina. Un seggiolino e un cappello in mezzo alle gambe all’angolo di una zone più "in" di Bologna, era il posto fisso di padre Marella. Una presenza silenziosa che non chiedeva nulla a nessuno, ma che solo per il fatto di essere lì ricordava alla parte più borghese e ricca della città che esistevano anche i poveri, e che bastava il resto di una spesa per aiutarli.

Fede, carità e famiglia sono le tre parole chiave della spiritualità del nuovo beato. La Chiesa non sempre fu comprensiva con lui, ma lui si dimostrò un uomo di grande fede.

Ordinato sacerdote nella diocesi di Chioggia, nel 1909 subì la pena canonica della sospensione a divinis per aver ospitato in casa sua Romolo Murri, un fine critico del pensiero cattolico. Pur non potendo celebrare la messa rispettò il celibato, e andò a Bologna dove insegnò al Liceo e all’Università: lì il 2 febbraio del 1925 il cardinale Nasalli Rocca lo riabilitò.

Ripreso il ministero del sacerdozio, si occupò della solidarietà a tempo pieno. Sulla carità don Olinto fece sua la frase di San Francesco che spiega come l’elemosina sia la giustizia dovuta ai poveri. Nella sua vita andò anche oltre, convinto che il percorso che l’uomo deve fare è quello di regalare in elemosina il proprio cuore, come fece Cristo sulla croce. Incurante del pericolo, durante gli anni della guerra nascose parecchi ebrei nella sua casa salvando in più una trentina di soldati, anche disertori tedeschi, dalla deportazione.

Quello che accadde dal 1948 in poi spiega il concetto di famiglia. Don Olinto mentre celebrava la messa, durante l’offertorio, distribuiva il cibo ai poveri, ma viste le condizioni dell’epoca questo non era sufficiente per smarcarli dalla miseria. Fondò allora la Città dei Ragazzi, un luogo per ospitare loro e le loro future famiglie. Una realtà dove imparare un mestiere, dove comprendere che l’onestà è un valore e che le scorciatoie che promettono la ricchezza sono solo una illusione.

Il "padre" di tanti orfani morì nel 1969, ma la sua spiritualità è ancora attuale. Basta visitare la sua città a San Lazzaro di Savena, nel bolognese, per rendersene conto. Chi è nel bisogno viene messo al centro e per lui c’è sempre una sportiva piena di cibo da portare a casa o la possibilità che una bolletta venga pagata, ma un piatto di pasta c’è anche per chi è solo curioso di vedere i suoi eredi in azione. Una accoglienza sempre frutto delle donazioni, proprio come avrebbe fatto il beato Marella.