Bologna Ius soli, il pedagogista: “I ragazzi lo vogliono“

Il pedagogista Luigi Guerra sulla cittadinanza onoraria ai bambini stranieri: “Sentono di meritare diritti e doveri“

Luigi Guerra

Luigi Guerra

Bologna, 18 febbraio 2022 – "Se per i ragazzi è un’esigenza? Ma assolutamente sì, che discorsi, non aspettano altro". In pochi conoscono meglio la materia come Luigi Guerra, stimato pedagogista e professore dell’Alma Mater, con la cattedra di ‘Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento’ alla facoltà di Scienze della Formazione e già ordinario di ‘Didattica e pedagogia speciale’ a Scienze dell’Educazione. Nonché autore di svariate pubblicazioni. Professore, il Comune di Bologna vorrebbe introdurre lo ‘Ius soli’ nel suo statuto e quindi conferire la cittadinanza onoraria ai bimbi stranieri. Lei cose ne pensa? "Penso che il Comune faccia benissimo, spero proprio che non ci siano degli inciampi. Da pedagogista trovo peraltro scandaloso che a livello nazionale non siano già stati fatti dei passi in avanti". Perché? "Il nostro Paese si può fare amare oppure si può fare odiare, ed evidentemente dico che i ragazzi che sono nati qui si sentono talvolta scacciati, perché privi della cittadinanza. Sentono anche coetanei che glielo rinfacciano. E loro la vivono come un’esigenza vera e propria quella della cittadinanza. Lo vedo anche nell’esperienza personale, con i miei nipoti, quali sono le dinamiche. E me lo lasci dire, un passo del genere aiuterebbe anche le loro famiglie. I ragazzi a una certa età si sentono o dentro, o fuori, e se non li vogliamo poi non dobbiamo lamentarci se non collaborano con noi per qualificare meglio la nostra vita. Dovremmo, per fare una battuta, imparare dagli antichi romani". In che senso? "I romani si espandevano e cooptavano molte popolazioni europee, ma lo facevano sviluppando un concetto di identità e appartenenza. Non vedo perché chi nasce, abita, parla e studia in Italia non debba avere la cittadinanza". In passato il Parlamento ci ha provato con lo Ius Soli, senza successo. C’è stato anche un problema comunicativo della riforma? "Non ho visto grossi problemi nel comunicare l’innesto legislativo. E non servono forzature. Se dovessimo considerare non italiani quelli che non si esprimono perfettamente in italiano in quanti resterebbero? Di certo, chi desidera di diventare italiano deve dimostrare di possedere strumenti di italianità. Però, dico anche che potremmo andare a controllare come scrivono in italiano gli atti parlamentari quelli che hanno avanzato negli anni il problema della conoscenza della lingua". Insomma, lei spe ra nella svolta imminente? "I ragazzi sanno che la cittadinanza riconosce dei diritti, ma che fa sorgere anche dei doveri. E loro li vogliono quei doveri, lo sa ogni bambino che fa sport e che gioca in una squadra. E’ questo, per me, il giusto percorso educativo". Paolo Rosato
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