Bordon: "Ambulatori gratis per i medici di base"

Il direttore generale dell’Ausl spiega come risolvere la carenza di personale "Nelle zone scoperte metteremo a disposizione spazi con annessa segreteria"

Paolo Bordon, direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna

Paolo Bordon, direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna

Bologna, 17 aprile 2022 - La mancanza di medici di famiglia si fa sentire non solo nelle zone più isolate dell’Appennino, ma anche nel cuore della città e quella emersa nell’area Dozza-Ferrarese ne è un esempio: 1.500 cittadini si ritrovano senza medico. L’Azienda Usl si sta preparando a fronteggiare problemi e carenze del personale pensando a creare condizioni che rendano anche le aeree meno richieste dai medici di famiglia più appetibili, con ambulatori gratuiti messi a disposizione o dalla stessa sanità pubblica oppure dal quartiere o dai Comuni, come spiega Paolo Bordon, direttore generale dell’Ausl Bologna.

Perché siamo di fronte a una tale carenza di medici di famiglia?

"C’è un ricambio generazionale per cui il problema del reperimento dei medici di base non è solo nel Bolognese, ma in tutta Italia. Il problema del Navile, dove è andato il pensione lo storico medico di riferimento, si è verificato non perché non ci siano i dottori, ma perché hanno aperto gli ambulatori da altri parti. Comunque – assicura – questa zona ai primi di luglio verrà assegnata. Nel frattempo sarà coperta con incarichi".

Ma se nessuno ci vuole andare, come si fa? I medici di base non sono dipendenti pubblici e non possono essere obbligati ad accettare una zona se non la vogliono.

"Vero, ma stiamo ragionando su modelli organizzativi diversi dove, in una stessa struttura, siano presenti più medici, infermieri e una segreteria, in modo che sia ci sia sempre un medico a disposizione. Ne stiamo discutendo con sindacati e Regione: nelle zone che vengono individuate come più difficili occorre pensare a strategie nuove e permettere ai medici che accettano di andare in quelle zone di usare i nostri ambulatori oppure altri spazi che siano dei Comuni oppure dei quartieri".

Si può capire che possa non essere accettata una zona montana, isolata, difficile da raggiungere, ma la zona Dozza....

"Ci sono aree che i medici considerano più complesse da un punto di vista sociale anche se sono all’interno delle città e tendono a non chiederle. Ma sono certo che questo problema della Dozza verrà sistemato a breve. E per quanto riguarda i numeri dell’intero quartiere siamo addirittura a un medico in più".

Alcuni sindacati, per risolvere, la mancanza dei medici di famiglia propongono di assumerli come dipendenti pubblici. Potrebbe essere una soluzione?

"Questa è una proposta che ha avanzato anche l’assessore Donini al tavolo nazionale, ma dipende da scenari che non sono certo regionali, quindi piuttosto complessi. Quello su cui si sta ragionando per arrivare a un negoziato, è avere un certo numero di prestazioni da parte dei medici di base in strutture pubbliche come le Case della salute, nell’ambito della medicina di gruppo".

Ci sono già esperienze in tale senso?

"Allora a Valencia, in Spagna, sì. Ma qui nel Bolognese c’è un esempio di collaborazione tra medici di famiglia che vorrei citare, perché è motivo di orgoglio per la sanità pubblica ed evidenzia la grande passione e impegno di questi dottori".

Ce lo racconti.

"E’ a San Pietro in Casale i medici di base che si sono raggruppati nella Casa della salute hanno addirittura quattro letti per l’osservazione breve dei pazienti. Ecco, questa è la strada dal mio punto di vista. E sono molto fiducioso perché soprattutto nei medici giovani vedo tanta disponibilità, voglia di fare e lavorare insieme. Fino a ora probabilmente è prevalso un modo di operare di tipo individualistico e invece serve l’integrazione tra di medici di base e specialisti".

 

 

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