
Il giudice ha dato torto al Comune (foto archivio)
Bologna, 27 ottobre 2014 - «Il difensore civico ha difeso se stesso». L’avvocato Giorgio Spallone commenta così, con una battuta un po’ amara, la vicenda che l’ha visto (suo malgrado) protagonista e che si è conclusa con una vittoria in tribunale nella causa che lo vedeva contrapposto al Comune. Il giudice civile Antonio Costanzo, infatti, ha condannato Palazzo d’Accursio a pagare circa 32mila euro a Spallone, il quale chiedeva da anni che gli venisse pagata una parte del compenso da difensore civico, incarico svolto dal 2004 al 2009, che invece il Comune si era sempre rifiutato di pagare. Il giudice ha dato ragione al legale e ora il Comune dovrà pagare, oltre alla somma richiesta, che ammontava a circa 23mila euro, spese legali e interessi, con un aggravio per le casse pubbliche di quasi 10mila euro.
Ma facciano un passo indietro e torniamo ad aprile 2004, quando Spallone, proposto da Forza Italia e Alleanza Nazionale, viene eletto difensore civico dopo 13 votazioni. Si tratta della figura preposta ad assistere i cittadini nei loro problemi grandi e piccoli con la pubblica amministrazione. Pochi mesi dopo Giorgio Guazzaloca perde le elezioni contro Sergio Cofferati, ma la nuova giunta conferma Spallone, che rimane in sella fino al 2009, anno in cui il difensore civico provinciale viene abolito e resta solo quello regionale. Ebbene, il Comune nel 2004 aveva stanziato a bilancio per lo stipendio del difensore civico 25mila euro. Il problema è che, essendo Spallone libero professionista, doveva pagare l’Iva (20%) e la Cassa previdenziale forense (2%). Per Spallone, quei soldi doveva aggiungerli il Comune, altrimenti si sarebbe creata un’ingiusta disparità di compenso fra liberi professionisti e, ad esempio, i lavoratori (laureati in legge) dipendenti. Per Palazzo d’Accursio, invece, era Spallone a dover detrarre dai 25mila il 22%. Per anni il legale ha cercato di risolvere la questione per via bonaria, ma il Comune è rimasto sempre sordo.
Alla fine la vicenda è arrivata in tribunale, dove il giudice Costanzo ha dato ragione a Spallone richiamandosi alla legge finanziaria del 2004, secondo cui l’Iva va pagata a parte, anche perché normalmente il libero professionista addebita al cliente l’Iva, non la paga in prima persona. Oltretutto, sarebbe stato ingiusto penalizzare Spallone, che aveva fatto affidamento sull’aspettativa di 25mila euro all’anno, solo perché avvocato. Il difensore civico ha così vinto la sua ultima battaglia.