"Con i bambini si fa la nuova musica italiana"

Carlo Conti conduce oggi dall’Antoniano la nuova edizione dello Zecchino d’Oro, in diretta su Rai 1: "E’ un vero laboratorio"

Carlo Conti (Foto Imagoeconomica)

Carlo Conti (Foto Imagoeconomica)

di Pierfrancesco Pacoda

In attesa di poter tornare, come nel 2019, nella dimensione da concerto pop, quando lo Zecchino d’Oro svolse la sua finale all’Unipol Arena, la manifestazione simbolo dell’Antoniano andrà in scena oggi dalle 17.20, in una diretta tv divisa tra il teatro di posa di via Guinizelli e gli studi di Domenica In con Mara Venier. A condurre il programma, da Bologna, sarà Carlo Conti, che della manifestazione, è anche il direttore artistico

Conti, lei viene dalla musica, è un appassionato e un conoscitore del pop. Che effetto le fa condurre una trasmissione di canzoni per bambini?

"Quando, quattro anni fa, dopo il mio ultimo Sanremo (che era già il terzo), in sala stampa mi chiesero se mi sarebbe piaciuto guidare nuovamente il Festival, risposi che non avrei avuto tempo, perché mi aspettava un impegno altrettanto gravoso e prestigioso. Curare lo Zecchino d’Oro. Molti sorrisero, ma io ero serio. Lo Zecchino è un vero laboratorio per la nuova canzone italiana".

Ci spieghi meglio.

"Sono in molti, e lo confesso, lo credevo anche io, a cadere nel luogo comune dell’identificazione tra filastrocca e canzone per bambini. Nulla di più sbagliato. Oggi la sensibilità e la capacità di ‘leggere’ il mondo dei più piccoli è notevolmente cresciuta. Quello che riguarda noi riguarda anche loro. E ci vuole, per entrare in sintonia con loro, una capacità di scrittura simile a quella del pop. Anzi maggiore. Lo dimostra il fatto che oggi per lo Zecchino scrivono autori come Cristicchi, Tricarico e tanti altri. E vedrete che nomi abbiamo in cantiere per il 2022… altro che Sanremo!"

A proposito di Sanremo, i Maneskin, che lo hanno vinto, hanno poi trionfato all’Eurovision.

"Una vittoria meritatissima. La dimostrazione che il vecchio, energetico, essenziale rock’n’roll è ancora una musica attualissima. Hanno vinto perché per arrivare al pubblico non hanno bisogno di orpelli. Sono loro stessi e basta, portano sul palco la loro vita. E l’autenticità anche in tv alla fine paga. E poi lanciano un messaggio importante per i più giovani. Si può raggiungere il successo, costruire una carriera, facendo la propria strada da soli, senza appoggi, contando solo sulla bravura, il lavoro e la costanza".

Certo, in tempi di distanziamento sociale, entrare in relazione con il pubblico non è facile.

"E’ quello che mi fa più soffrire, e a volte sento l’inadeguatezza per un lavoro che, almeno per me, è interamente basato sul rapporto con la gente. Io vengo dalla radio, sono uno che improvvisa, che trae la sua linfa vitale dagli spettatori. Ho avuto un lunga carriera come dj. E nelle discoteche funzioni solo se hai il polso del pubblico. Quando perdi quella fonte di ispirazione, tutto diventa più difficile e bisogna appellarsi al mestiere".

Tecnica che le riesce benissimo, a giudicare dal successo del suo nuovo programma...

"Se mi riconosco un merito è quello di riuscire a lavorare anche in situazioni fortemente limitate. Top Dieci è un programma fatto con costi molto contenuti, oggi bisogna ottimizzare, specie in tempi di diffusione del virus e allora bisogna ricorrere, per fare buoni numeri, all’esperienza".

Lei, spesso, ha espresso un po’ di rimpianto per la televisione del passato.

"I tempi sono cambiati e bisogna adeguarsi. Forse è venuta meno quella straordinaria fucina di talenti che la televisione è stata nel passato, quando si poteva contare su un numero molto elevato di grandi autori, comici, figure davvero creative e oggi meno frequenti. Non dimentichiamo poi che anche gli investimenti erano molto più ingenti e questo permetteva di lavorare con più tempo a disposizione. Ma la vera differenza sta soprattutto nell’eccesso di conformismo che ci condiziona sempre di più. Bisogna fare attenzione a tutto quello che si dice, per non urtare la sensibilità di nessuno. E questa è una limitazione in un mestiere che ha sempre avuto, come dicevo prima, nel confronto con il pubblico, il suo vero spirito".

Lo Zecchino d’Oro, quindi, è oggi un’oasi felice?

"Certo! Io sono convinto che il segreto per fare una tv migliore sia quello di fare un passo indietro dai nostri condizionamenti mentali. Dovremmo tornare tutti, noi che facciamo la televisione, un po’ bambini. E per questo stare tra i miei piccoli interpreti è per me una boccata di ossigeno!".

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