Coraggiosi solo in branco o su Tik-Tok

Migration

Geo

Ceccaroli*

Sempre più spesso, sulle cronache, si legge di baby gang. Ragazzi tra i 14 e 22 anni, a volte anche più piccoli, che si aggregano, trovando nel gruppo le condizioni per rafforzare la propria identità. Che nel ‘branco’ diventano capaci di agire con efferatezza, sprezzanti di qualsiasi regola o rispetto per le vittime, denotando un’elevata pericolosità sociale. La gang di giovani pakistani individuata - fondamentale il contributo del vice questore Claudia Lofino e dell’ispettore Lucia Marseglia - è composta da ragazzi immigrati di seconda generazione. Alle spalle hanno famiglie di lavoratori, con ritmi che spesso non consentono ai genitori di conoscere le abitudini e le frequentazioni dei figli. E la loro scoperta rappresenta una forte delusione per chi tenta di offrire loro un futuro di integrazione e normalità. Seppur inseriti nel contesto cittadino, questi ragazzi si relazionano prevalentemente con loro connazionali. Parlano perfettamente italiano ma comunicano nella loro lingua madre. Alcuni non vanno a scuola. Ma sono tutti attivi sul web, con profili su Instagram, Facebook e soprattutto Tik Tok. Ed è proprio attraverso i social che i ragazzi tendono a consolidare tanto la loro identità individuale quanto quella di gruppo. Da un lato si esibiscono in rete ritagliandosi 15 secondi di notorietà virtuale; dall’altro hanno il modo di costruire, all’esterno, l’immagine del gruppo come ‘banda’ carismatica . Presi da soli, sono introversi, timorosi delle conseguenze penali e spaventati delle reazioni dei genitori.

*Dirigente

della Polizia postale

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