CronacaCoronavirus farmaci, ecco lo studio sulle proteine dell'Università di Bologna

Coronavirus farmaci, ecco lo studio sulle proteine dell'Università di Bologna

La ricerca mette in luce i principali meccanismi di attacco del virus e quelli di difesa delle cellule umane: potrebbe aiutare a definire terapie efficaci

Mappa interazioni tra le proteine virali (cerchi verdi) e le proteine umane (quadrati)

Mappa interazioni tra le proteine virali (cerchi verdi) e le proteine umane (quadrati)

Bologna, 6 aprile 2020 – Una mappa delle interazioni che avvengono tra le proteine del virus e quelle umane, mostrando quali sono ‘attivate’ e quali ‘disattivate’ dall'azione di Sars-CoV-2. L’hanno messa a punto un gruppo di ricercatori dell'Università di Bologna e di quella di Catanzaro con l’obiettivo di spiegare cosa succede quando il Coronavirus Sars-CoV-2 – il responsabile della pandemia di Covid-19 – entra in contatto con una cellula bronchiale umana. “Conoscere gli effetti molecolari di questo virus sulle proteine umane è fondamentale per definire strategie farmacologiche efficaci – spiega Federico Manuel Giorgi, ricercatore dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio –. Inibire le interazioni che abbiamo evidenziato potrebbe costituire una via terapeutica in grado di limitare gli effetti distruttivi del Sars-CoV-2 e di altri coronavirus sulle cellule umane”.

Leggi anche I sintomi e le terapie: come si batte il morbo L’analisi – pubblicata sul Journal of Clinical Medicine – ha permesso di evidenziare sia meccanismi di difesa delle cellule umane, ad esempio per contrastare l’ingresso del virus, sia strategie utilizzate dal Sars-CoV-2 per diffondersi nell’organismo, ad esempio attraverso proteine che favoriscono la sua replicazione.  

Focus: la ricerca sulle proteine

L’analisi degli studiosi ha permesso di identificare alcune proteine che svolgono un ruolo rilevante nel momento in cui il nuovo coronavirus entra in contatto con una cellula umana. Una di queste (chiamata MCL1) è un regolatore della morte cellulare (apoptosi) e viene attivata dalla cellula come meccanismo di difesa antivirale: per cercare di fermare l’attacco del virus, la cellula avvia una serie di reazioni che ne provocano la morte. L’azione di altre proteine viene invece ridotta al momento dell’incontro con il coronavirus. Ad esempio la proteina EEF1A1, il cui “spegnimento” riduce la capacità del virus di replicarsi.

Al tempo stesso, però, ci sono alcuni meccanismi che vengono sfruttati da Sars-CoV-2 per diffondersi nell’organismo. Tra questi, i ricercatori hanno evidenziato ad esempio la capacità del virus di ridurre l’attività dei mitocondri (gli organelli che permettono la respirazione cellulare), oppure l’azione di specifiche proteine virali (NSP7 e NSP13) capaci di disattivare alcuni meccanismi di difesa cellulare, o ancora l’aumento della produzione di proteine che favoriscono il metabolismo dell’RNA e quindi l’azione e la replicazione del virus (il cui genoma è composto, appunto, da un singolo filamento di RNA).

C’è poi la proteina ACE2, il cui ruolo nelle infezioni da beta-coronavirus è ben noto: è la proteina con cui interagiscono le “punte” del coronavirus e che permette il suo ingresso nella cellula. L’analisi mostra che le cellule si difendono dall’attacco diminuendo la presenza di ACE2. Al tempo stesso, però, i ricercatori notano che la minore presenza di questa proteina può finire per danneggiare i tessuti polmonari, favorendo così comunque la diffusione del virus.

“Tutte queste informazioni relative agli effetti del nuovo coronavirus sulle proteine delle cellule umane possono essere fondamentali per indirizzare lo sviluppo di nuove terapie farmacologiche, visto che le comuni terapie antivirali sembrano essere poco efficaci – aggiunge Giorgi –. Gli ultimi sviluppi in campo farmaceutico permettono infatti di sviluppare rapidamente nuove molecole, che possono rivelarsi efficaci sia per contrastare l’azione delle proteine del virus sia per rafforzare la risposta delle cellule umane”.

L'origine animale del coronavirus

Infine, gli studiosi hanno analizzato la presenza di ACE2 anche per cercare di chiarire l’origine animale del coronavirus Sars-CoV-2, inizialmente connessa al pipistrello ma in seguito attribuita anche al pangolino. Dall’analisi realizzata è emersa una maggiore somiglianza tra la proteina ACE2 delle cellule umane e quelle dei pangolini: un risultato che va a sostegno dell’ipotesi secondo cui il piccolo mammifero potrebbe essere stato l’ospite originale del virus Sars-CoV-2 oppure un ospite intermedio tra il pipistrello e l’uomo.

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