Coronavirus Bologna ieri e oggi, Terapia intensiva vuota. Prima si lottava per la vita

Il reparto dei malati Covid più gravi, al padiglione 25 del Sant’Orsola, è ora deserto e silenzioso. I macchinari però sono ancora funzionanti: subito pronti a ripartire in caso di una seconda ondata

Ieri e oggi, la vita è cambiata nella terapia intensiva del padiglione 25 del Sant’Orsola

Ieri e oggi, la vita è cambiata nella terapia intensiva del padiglione 25 del Sant’Orsola

Bologna, 22 luglio 2020 - È tutto vuoto. Perfettamente in ordine, pulito e disinfettato. È tutto bianco: i letti rifatti con le lenzuola ben piegate, i macchinari spenti, gli strumenti impacchettati e riposti in fila.

Si presenta così, oggi, la Terapia intensiva del padiglione 25 del Policlinico Sant’Orsola. Non sembra la stessa che, fino a pochi mesi fa, era affollatissima, con i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari che, avvolti nei camici blu, nei guanti, nelle mascherine e nelle visiere, correvano su e giù per soccorrere i pazienti stesi nei quattordici letti stipati. Lo stesso padiglione che divenne il primo Covid Hospital allestito in città, in un’impresa da record portata a termine in pochissimi giorni e con a capo – anche questo, elemento tutt’altro che scontato – il professor Guido Frascaroli, ex primario dell’Anestesia e rianimazione cardio-toraco-vascolare. Era andato in pensione da pochi giorni quando la pandemia è esplosa e lui, senza esitare, si è reinfilato il camice ed è tornato in campo ad aiutare il ’suo’ ospedale, i suoi colleghi stremati da turni di 24 ore e dai continui ricoveri di pazienti afflitti da un virus allora quasi del tutto sconosciuto.

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In quattro mesi è cambiato tanto. Ora, l’emergenza sanitaria è in larga parte rientrata. In Terapia intensiva, al 25, non c’è più alcun paziente Covid, il professor Frascaroli è tornato a godersi il meritato riposo (ora alla guida del reparto c’è l’anestesista rianimatore Daniela Di Luca, anche lei sempre rimasta in prima linea durante la pandemia) e, sebbene il Covid Hospital resti comunque operativo – qualche paziente in condizioni non gravi è ancora ricoverato al piano di sotto, in Terapia sub-intensiva, e altri ancora sono in isolamento in un’altra area dello stesso padiglione perché sospetti positivi –, i numeri sono di gran lunga più contenuti. L’aria che si respira tra le corsie non è più quella elettrica e carica di tensione che si percepiva fino a qualche settimana fa.  

I macchinari del reparto, però, non sono certo stati messi nel ripostiglio. L’emergenza sanitaria, come continuano a ricordare i virologi e non solo, è ancora di là dall’essere finita. Per questo motivo, tutto nella Terapia intensiva del padiglione 25 è stato spento, impacchettato, rassettato e sigillato, ma è perfettamente funzionante. Pronto a ripartire all’istante qualora ce ne fosse la necessità.

Non è da escludere, infatti, che una nuova ondata di contagi si registri una volta finita l’estate, già in autunno oppure in inverno, quando le temperature si abbasseranno e si potrà stare sempre meno all’aperto, dove l’aria che circola rende più difficile il contagio e le distanze di sicurezza sono più semplici da mantenere.

Il virus arrivato dall’Oriente, in poco più di quattro mesi ha mietuto sotto le Due Torri quasi 700 vittime (696 per l’esattezza, con i dati aggiornati a ieri); i casi positivi totali hanno superato quota cinquemila e cento unità. Dall’inizio della pandemia, finora, non c’è ancora stato un giorno di crescita zero nei contagi.

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