Diritti e doveri nella società che cambia

Valerio

Baroncini

E ancora: perché bisogna pagare per la cittadinanza? Perché un bambino che nasce in Italia da genitori stranieri deve aspettare per la cittadinanza? Ci sono in Italia persone contrarie a questa legge? Le persone hanno lottato e manifestato per questi diritti? Le domande spesso sono più interessanti delle risposte, perché spingono a scavare, approfondire. E i disegni – che vi mostriamo e che raffigurano quegli interrogativi – sono ancora più diretti. Raccontare la città, per il quotidiano della città, è un onore e un dovere. Lo è soprattutto quando si scandaglia una comunità che cambia, che si trasforma, che forse s’è già trasformata. Ecco perché seguiremo l’iniziativa sullo Ius soli del Comune in tutto il percorso. E lo faremo avviando un dibattito sul tema, ospitando opinioni, ma soprattutto raccontando la realtà partendo dal "basso" (che poi, quasi sempre, è in verità l’"alto").

Parlare di cittadinanza, di Ius soli, significa parlare di diritti, seguendo una lettura aperta dell’articolo 2 della Costituzione che la scuola giuridica bolognese da tempo afferma. E non è un caso che qui, la patria di Irnerio, il primus illuminator, la prima lucerna del diritto, da sempre si ragioni sui diritti inviolabili dell’uomo. Sui diritti, ma anche sui doveri: concedere una cittadinanza, anche se onoraria, significa anche altro. Tasse, tariffe, pensioni. Responsabilità, dignità: me ne hanno parato gli alunni di Filomena Massaro l’altro giorno. Il dibattito pubblico s’è spesso concentrato sulla concessione di nuovi diritti, meno sulla corrispettiva acquisizione di doveri: senza questo doppio binario, ci troveremo davanti a ecosistemi svuotati e nuove povertà. Parlare di Ius soli vuol dire anche questo e vuol dire anche parlare di scuola e scolarizzazione. Vuol dire ascoltare e confrontarsi: dobbiamo tutti farlo sempre di più. Per formare un’opinione, tema sempre più sottovalutato